Alberica Bazzoni: «Racconto il mondo femminile di Goliarda Sapienza»

Goliarda Sapienza fu una «carusa tosta», come la sua Modesta. Catanese, nata in una famiglia socialista e rivoluzionaria che le diede «un nome senza santi», l’autrice de «L’arte della gioia» è stata scrittrice, attrice di teatro e di cinema, poetessa, partigiana, a lungo dimenticata, oggi finalmente riscoperta. Solo nel 1994, due anni prima della sua morte, venne pubblicata da «Stampa Alternativa» la prima parte del romanzo, e solo nel 1998, due anni dopo la sua scomparsa, il romanzo completo.
Scritture
Nel 2008 Einaudi lo pubblicò nei «Supercoralli» per sottolinearne la rilevanza letteraria e culturale, confermando così la convinzione di Cesare Garboli che aveva demandato al tempo il compito di «lavorare a favore dei libri di Goliarda Sapienza», autrice di «Lettera aperta» (1967), «Il filo di mezzogiorno» (1969), «L’università di Rebibbia» (1983), «Le certezze del dubbio» (1987) e, postumi come «L’arte della gioia», i racconti «Destino coatto» (2002), «Io, Jean Gabin» (2010), «Il vizio di parlare a me stessa» (2011), le poesie «Siciliane» (2012) e «Ancestrale» (2013), «La mia parte di gioia» (2013), «Elogio del bar» (2014), «Tre pièces e soggetti cinematografici» (2014), «Appuntamento a Positano» (2015) e «Lettere e biglietti» (2021).
Domani, martedì 13, alle 18.45, alla Nuova Libreria Rinascita, in città, via della Posta 4, il racconto di questa straordinaria scrittrice sarà affidato ad Alberica Bazzoni, ricercatrice in Letterature comparate all’Università per stranieri di Siena e autrice del saggio «Scrivere la libertà. Corpo, identità e potere in Goliarda Sapienza» (Ets edizioni), in dialogo con Luca Pinelli, per l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri «Tempo di recupero: voci del Novecento».
Dottoressa Bazzoni, nel 1978 «L’arte della gioia» era un manoscritto pronto per la stampa. Perché l’editoria italiana lo rifiutò? In Francia ebbe un grande successo...
Diverse furono le ragioni addotte per non pubblicarlo: il testo molto lungo, troppo sperimentale o non sufficientemente sperimentale. Di certo, il contenuto dava fastidio, era poco inquadrabile per la sfida congiunta che lanciava al patriarcato, alla cultura di sinistra e a quella cattolica, un romanzo di difficile collocazione sul piano ideologico e contenutistico. Modesta, la protagonista, era troppo libera, c’era troppa libertà sessuale, inclusa l’omosessualità.
Una libertà che ci fa pensare alla stessa Sapienza e anche a sua madre, Maria Giudice, che fu un’importante sindacalista...
Sapienza raccontò di aver costruito il personaggio di Modesta ispirandosi a diverse donne nella sua vita, più che a se stessa. Tra queste, la madre fu uno dei modelli fondamentali per la dimensione della lotta e della ribellione che rappresentava.
«L’arte della gioia» è stato affiancato al «Gattopardo»…
Non solo, molti l’hanno definito l’«anti Gattopardo», a sottolineare, al contrario, il rovesciamento. I due romanzi corrispondono senz’altro per l’ambientazione siciliana, ma lo spirito è diverso. «Il Gattopardo» è dominato da un’aristocrazia decadente dove tutto cambia perché nulla cambi. Ne «L’arte della gioia», le cose cambiano, invece, eccome.
Sapienza esordisce a 41 anni con «Lettera aperta». Qual era l’urgenza del suo racconto?
«Lettera aperta» è un libro molto sofferente e frammentato, quasi onirico in certi passaggi. Sapienza aveva subìto alcune sedute di elettroshock successive a un tentato suicidio. Con questo dolore addosso, ripercorre la propria infanzia, va avanti e indietro tra il suo presente di donna che vive a Roma e scrive per ritrovare se stessa e suo il passato di ragazzina in Sicilia.
Anche il destino della madre fu segnato dalla pazzia...
«Ho paura di essere pazza come mia madre», scriveva Sapienza. Nel tentativo di essere donna in un modo diverso, libera e indipendente, Sapienza aveva paura di aver ereditato dalla madre un percorso fallimentare, segnato dal pericolo della pazzia, intesa oggi come sofferenza psichica. Si salvò grazie alla psicoanalisi e alla scrittura, alla quale si dedicò quando abbandonò il teatro.
Come la descriverebbe?
Una donna che non ha dato niente per scontato del mondo che le veniva consegnato, lo ha investigato in maniera radicale andando alla radice delle cose, arrivando a scoperchiare le contraddizioni.
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