Al Vittoriale De Gregori per sfogliare un album di classici

Il Principe torna nella casa del Vate, per rinnovare l’incanto. Il nuovo approdo di Francesco De Gregori al Vittoriale per «Tener-a-mente» (dove ieri si è esibita La Rappresentante di Lista e due giorni fa Frah Quintale) arriva tre anni dopo la trionfale accoglienza ricevuta dal cantautore sul Garda (correva l’estate 2018) e ripagata da un concerto antologico di inusitata avvolgenza, dentro la consueta bellezza di canzoni che sono opere d’arte (pensiamo a «Rimmel», «Alice», «La storia», «Generale», «Titanic», «La donna cannone»): due appuntamenti già sold-out da tempo, quello di oggi (alle 21, informazioni su www.anfiteatrodelvittoriale.it), e poi la replica a grandissima richiesta del 31 luglio.
Accompagnato da un’affiatata formazione di supporto (Guido Guglielminetti a basso e contrabbasso, Carlo Gaudiello alle tastiere, Paolo Giovenchi alle chitarre, Alessandro Valle a pedal steel guitar e mandolino, Simone Talone alle percussioni), De Gregori riallaccerà i fili del «De Gregori Band Live - The Greatest Hits», che avrebbe dovuto occupare l’estate 2020 e che illuminerà invece questa strana stagione di ripartenza.
Settant’anni compiuti ad aprile, De Gregori non pubblica un disco di inediti dal 2012 («Sulla strada»), ma nel frattempo non è certo rimasto a braccia conserte, se è vero che nel 2014 ha realizzato un curioso ellepì di cover di se stesso («Vivavoce»), mentre nel 2015 ha elaborato un meraviglioso tributo al suo nume tutelare nonché massima fonte di ispirazione, ovvero sua maestà Bob Dylan («Amore e furto»). Nel 2017, infine, ha sfornato il sedicesimo album dal vivo in carriera («Sotto il vulcano», come il romanzo di culto di Malcolm Lowry), dedicandolo all’amico Lucio Dalla. A ben guardare, non c’è dunque materiale nuovo da promuovere, ma proprio per questo nelle uscite degli ultimi anni l’artista - un classico vivente, con pochi eguali nella storia della canzone italiana - ha mostrato di saper attingere con generosità da un repertorio che vanta più perle di quanta non sia la bigiotteria a corredo, e pure quest’ultima è ad ogni modo di sfavillante qualità.
Una scelta che il pubblico dimostra di gradire, e che nel tour rimasto un anno in stand-by era esplicitata fin dal titolo. Anche se poi De Gregori, una volta sul palco, ama mescolare le carte e disattendere le scalette, giocando a nascondino con gli arrangiamenti di certi pezzi noti, al fine di rendere unico ogni spettacolo (un’altra consuetudine appresa da Dylan), riservando al pubblico sorprese di vario genere, senza peraltro mai rinunciare a poesia e bellezza. Quelle, non mancano mai.
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