Cultura

Al Grande una Traviata «contemporanea, sul pregiudizio»

Il regista Luca Baracchini parla dell’innovativa rilettura dell'opera lirica di Verdi, in scena al teatro Grande il 16 e il 18 dicembre
"TRAVIATA" CHIUDE LA STAGIONE D'OPERA
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«La Traviata»: una tragedia in musica sul tema del pregiudizio. Questa la chiave di lettura del capolavoro verdiano fornita dal regista Luca Baracchini, artefice dell’innovativo allestimento in scena al teatro Grande domani alle 20 e domenica 18 alle 15.30 (pochissimi i posti rimasti liberi: rivolgersi direttamente alla Biglietteria del Teatro).

Baracchini, accanto alla scenografa Francesca Sgariboldi, al costumista Donato Didonna e al «light designer» Gianni Bertoli, fa parte del team creativo under 35 selezionato da Opera Lombardia mediante un concorso che ha visto la partecipazione di cinquanta progetti. Per questa produzione i soprani Francesca Sassu e Cristin Arsenova si alterneranno nel ruolo di Violetta, mentre la direzione musicale è affidata al maestro Enrico Lombardi. «Ci siamo accostati alla "Traviata" - premette il regista - come se si trattasse di un’opera nuova e abbiamo cercato di farlo con un occhio vergine».

Le fotografie dello spettacolo fanno pensare a un’ambientazione in chiave contemporanea: è così?

Il concetto di contemporaneità è fondamentale. Verdi voleva che la sua «Traviata» fosse ambientata nel presente, di conseguenza ciò che si vede in scena deve risultare contemporaneo rispetto al pubblico che assiste in sala. Perciò abbiamo pensato a una «Traviata» dei nostri giorni.

Qualcosa che ha senso oggi, mentre probabilmente non lo avrebbe avuto vent’anni fa, e forse non lo avrà fra dieci anni. In che modo lo spettacolo è ancorato proprio al 2022?

In realtà, a livello più profondo, lo spettacolo è ancorato all’essere umano. E qui tocchiamo il tema fondamentale del giudizio del mondo esterno sulla protagonista dell’opera. Un giudizio che, a tutti gli effetti, è un pregiudizio. Lo stesso Verdi, al tempo della sua convivenza con Giuseppina Strepponi, ne fece le spese. «La Traviata» ci parla di una morale borghese che pervade tutti i personaggi, alla fine includendo la stessa Violetta, incapace di accettare se stessa e la sua storia. Non si tratta di un dramma borghese: è una tragedia.

Non pensa che la musica di Verdi, scritta nella metà dell’Ottocento, possa entrare in conflitto con un’ambientazione nel XXI secolo?

Al contrario, è perfetta. E mi sono trovato in piena sintonia con l’interpretazione radicale del maestro Lombardi.

Si aspettava di vincere il concorso di Opera Lombardia?

Per il nostro gruppo, dopo aver partecipato a tanti bandi, è stata una grande soddisfazione. Credo che sia stato premiato il coraggio del progetto. Paragono il nostro lavoro a quello dei funamboli: si corrono dei rischi.

La stampa ha parlato di una Traviata «transgender»: come hanno risposto pubblico e critica?

Coprendo l’intera gamma delle reazioni, dalla disapprovazione al plauso convinto.

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