Cultura

A Palazzo Reale danzando con i marmi di Pablo Atchugarry

Nella imponente Sala delle Cariatidi esposte da domani 40 sculture dell’artista uruguaiano
L'artista uruguayano Pablo Atchugarry in occasioene dell'anteprima per la stampa della sua mostra - Foto Ansa/Daniel Dal Zennaro © www.giornaledibrescia.it
L'artista uruguayano Pablo Atchugarry in occasioene dell'anteprima per la stampa della sua mostra - Foto Ansa/Daniel Dal Zennaro © www.giornaledibrescia.it
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Sculture che danzano nell’imponente Sala delle Cariatidi dove un tempo andavano in scena le grandi serate di gala nel Palazzo Reale. Opere che dalla materia del marmo sembrano prendere slancio per librarsi verso l’alto riempiendo grazie anche all’alternanza cromatica il vasto salone che si affaccia su piazza Duomo. Sono le 40 sculture che Pablo Atchugarry espone dal 27 ottobre al 30 gennaio 2022 a Milano, opere - spiega l’artista uruguyano  - realizzate negli ultimi 20 anni, alcune ad hoc per questa prima grande esposizione al chiuso, e provenienti da collezioni private di Stati Uniti, Belgio e Germania.

L'artista ha un legame speciale con Brescia: qui nel 1979 fu ospitato dal cineasta e fotografo «Fucho» Musitelli che era in esilio e sempre qui Atchugarry terminò la sua opera prima «Lumière». Inoltre la madre Maria Cristina Bonomi aveva origini bresciane e fu la prima a incoraggiarlo a seguire la vocazione artistica.

Un atelier a vista

L'atelier a vista che apre l'esposizione - © www.giornaledibrescia.it
L'atelier a vista che apre l'esposizione - © www.giornaledibrescia.it

«Questa mostra - racconta Atchugarry, che nel 2019 ha esposto anche all’Opera Gallery di New York - rappresenta una panoramica del mio lavoro di due decenni, e di concerto con il curatore, il critico d’arte Marco Meneguzzo, abbiamo voluto ricreare all’ingresso uno spaccato dell’atelier dove lavoro per rendere l’idea dello sforzo fisico e della fatica richiesti per ricavare dalla materia grezza delle sculture». Il visitatore viene così accolto da uno spazio ingombro di pezzi di marmo, martelli, scalpelli e frese che riproducono il caos dell’atelier, in cui si inseriscono opere in bronzo laccato realizzate con l’antica tecnica a cera persa, altre in alabastro e in legno, ricavate da ulivi ultracentenari destinati al rogo e ai quali «la scultura restituisce una seconda vita». Nell’atelier di Manantiales in Uruguay - ci rivela lo scultore che dagli anni Ottanta vive e lavora tra il Lecchese e il paese d’origine - «le porte sono sempre aperte, così che chi passa può entrare e vedermi al lavoro».

I quattro marmi

  • Alcune opere esposte a Palazzo Reale a Milano
    Alcune opere esposte a Palazzo Reale a Milano
  • Alcune opere esposte a Palazzo Reale a Milano
    Alcune opere esposte a Palazzo Reale a Milano
  • Alcune opere esposte a Palazzo Reale a Milano
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  • Alcune opere esposte a Palazzo Reale a Milano
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  • Alcune opere esposte a Palazzo Reale a Milano
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A differenza della retrospettiva tenuta in uno spazio aperto nel 2015 come i Mercati di Traiano a Roma dove sono state esposte anche opere monumentali, qui lo scultore ha dovuto - dice - «mettersi in dialogo con una sala mitica come quella delle Cariatidi dove nel 1953 Picasso espose il suo "Guernica"...». C’era il rischio - sottolinea - che venissero fagocitate dalla sua grandiosità. «Perciò ho pensato di scegliere sculture di una certa dimensione e di lavorare poi sui basamenti per portarle all’altezza degli specchi ed ottenere un gioco di profondità in cui si vedono al tempo stesso tante opere in tante parti della sala, creando un’integrazione e un dialogo con lo spazio che le accoglie».

Anche per le sculture esposte Atchugarry ha lavorato con i quattro marmi in cui ha riversato da sempre il suo talento creativo: quello statuario di Carrara, quello grigio di Bardiglio, il rosa del Portogallo e infine il nero del Belgio. Da quest’ultimo marmo è stata tratta «Harmonie», una delle ultime opere realizzate ad hoc per l’esposizione per allestire la quale sono stati necessari tre anni. In marmo statuario di Carrara invece è «Envueltos de armonia» del 2008, scultura che allo slancio verticale, quasi ascetico (nel senso di ascesi) delle linee che caratterizzano tutte le opere di Atchugarry, unisce una dinamica torsione di fasci marmorei e di vuoti, esaltata dal gioco dell’illuminazione della sala curata dalla Reggiani.

Arte per tutti

Una visitatrice alla mostra - Foto Ansa/Daniel Dal Zennaro © www.giornaledibrescia.it
Una visitatrice alla mostra - Foto Ansa/Daniel Dal Zennaro © www.giornaledibrescia.it

«Quando dipingevo, dicevano che i miei quadri erano scultorei - ricorda - ora nelle sculture si trovano tracce di linee. Ma sono linee che giocano con la luce creando spazi misteriosi dove si vorrebbe entrare per veder che succede». E aggiunge: «Le mie opere potrebbero essere viste come astratte, ma rappresentano l’essenza dell’essere umano, perciò non sono chiuse: lo sguardo vi passa attraverso per vedere ciò che c’è oltre la materia».

«Atchugarry. Vita della materia» è a ingresso libero: «Ci tenevo molto a questo - afferma l’artista sudamericano -, è indispensabile che la gente si avvicini all’arte, proprio per questo ho creato una Fondazione a Punta del Este, in Uruguay, che il prossimo gennaio inaugurerà un museo di arte contemporanea: un modo per restituire una piccola parte di ciò che ho ricevuto». Non si è mai cimentato con il marmo di Botticino? chiediamo a conclusione della nostra conversazione. «No, non ancora... In effetti dovrei rendere un omaggio territoriale alla città dove oltre quarant’anni fa ho portato a termine "Lumiére", la mia prima opera».

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