Cultura

Sassolino: «Cerco di dare una forma al tempo come metafora della condizione umana»

Lo scultore fuoriclasse dell'arte contemporanea mercoledì sarà ospite all'Accademia Santa Giulia in un incontro aperto a tutti
Arcangelo Sassolino, scultore, sarà ospite dell'Accademia Santa Giulia mercoledì - Foto Agostino Osio
Arcangelo Sassolino, scultore, sarà ospite dell'Accademia Santa Giulia mercoledì - Foto Agostino Osio
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Non avrà introdotto il concetto di tempo in scultura (ci avevano già pensato Giovanni Anselmo, Mario Merz e i compagni dell’Arte Povera...), ma di certo l’ha portato all’ennesima potenza. Domina materia ed elementi sul crinale del loro passaggio di stato da solidi a evanescenti, riuscendo nell’intento di fare scultura attraverso la negazione del concetto statico della stessa. Si serve di sofisticati macchinari tecnologici per restituire allo spettatore una rappresentazione della realtà umana più fedele di quanto un ritratto potrebbe mai fare. Perché ad essere raffigurati non sono volti o tratti somatici bensì lo status precario della condizione umana su questa Terra e il cambiamento inesorabile cui questa è sottoposta durante un transito chiamato vita.

Abbiamo parlato con Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967), fuoriclasse dell’arte contemporanea - un curriculum espositivo punteggiato da mostre in musei e fondazioni tra i più importanti al mondo, con l’apice di un intero Padiglione alla 59ª Biennale di Venezia - che dopodomani, mercoledì, sarà eccezionalmente in città, ospite dell’Accademia Santa Giulia di Brescia (l’incontro è aperto a tutti, info in fondo al pezzo).

Sassolino: quali saranno i temi del suo intervento?

Porterò la mia testimonianza partendo da due capisaldi del mio lavoro: la ricerca e la tecnologia. La prima è fondamentale affinché l’arte si proietti nel futuro e l’artista non lavori nel suo cono d’ombra ripetendo variazioni su un tema. La seconda va di pari passo con la prima e nel mio caso ha coinciso col lavorare con aziende del mio territorio, Vicenza. Spesso i giovani artisti immaginano di dover attraversare il mondo, ma il futuro può essere dietro l’angolo, soprattutto nell’area bresciana ricca di aziende all’avanguardia nelle tecnologie di produzione. Per me ha funzionato così. Per evolvere è poi necessario sbagliare e rifare. Per questo mi piacerebbe ricevere domande e dare all’intervento la forma del confronto. Fuori dal percorso scolastico, a differenza che per altre professioni, per i futuri artisti non c’è la rete di sicurezza.

Osservando il suo lavoro nelle varie fasi e considerando opere con materiali diversi - dagli pneumatici, costretti in morse metalliche, alle travi di legno, sottoposte alla forza di pistoni, alle superfici in cristallo, convesse sotto il peso della pietra - emerge un comune denominatore. Ossia una staticità teoricamente tipica della scultura, ma che nel suo caso è il risultato solo apparente, e nemmeno così scontato, dalla contrapposizione di due forze uguali. In pratica il senso d’immobilità esiste solo perché una spinta non prevarica l’altra...

È esattamente così. Sono lavori statici e silenziosi solo in apparenza. La verità è che, sotteso, c’è un conflitto in corso e l’equilibrio generato può venir meno da un momento all’altro. E in alcune opere accade, una trave si spezza, una bottiglia esplode, il materiale si incrina o collassa. Sono tre fasi distinte del mio lavoro: instabilità-fallimento-azione. È l’energia che si compie e trasforma. Il mio è un tentativo di dare forma al tempo.

Il tempo. Ha anticipato la successiva domanda...

Tutto si brucia, si consuma ed evolve con il tempo e come il tempo. Il «qui e ora» nel momento in cui lo nominiamo è già passato, trasportare questo fatto nell’opera è una mia ossessione. Il tempo è qualcosa che non riusciamo a definire, ma che ci influenza. Così, grazie alla tensione o all’instabilità dei materiali colti nei passaggi di stato, introduco il concetto di tempo nella materia. Il cambiamento formalizzato è metafora della condizione umana.

Qualche esempio per i non addetti al settore?

I lavori in cui è catturato l’istante dove qualcosa sta diventando altro da quello che è. «Aphasia 2» è un serbatoio d’acciaio di 700 chili al cui interno l’azoto è pressurizzato al limite della deflagrazione. In «Untitled» (2007) una trave di legno è sottoposta alla forza di un pistone idraulico. Una volta attivata, la macchina d’acciaio spezza l’asse emettendo rumori simili a spari. In «Damnatio Memoriae» (2016) una levigatrice elettrica polverizza la copia di una statua classica e il marmo sfuma in una nuvola instabile dal punto di vista formale fino a quando non si deposita, acquistando nuova forma.

La frantumazione della materia si trova anche nei lavori in cui bottiglie di vetro esplodono tramite l’uso della pressione interna. Gli pneumatici gonfiati e pinzati da putrelle sono al limite dello scoppio, mentre un pavimento di cemento è sospeso a mezz’aria da funi e tiranti vicini al collasso.

L'incontro

La lezione aperta «Arte, tecnologia, ricerca» che vedrà salire in cattedra Arcangelo Sassolino è il IV incontro della rassegna «I Mercoledì di Accademia SantaGiulia»; sarà moderato dal prof. Paolo Sacchini. Appuntamento dopodomani, alle 17, nell’aula magna di via Tommaseo (ingresso gratuito previa prenotazione su Eventbrite).

Il ciclo è dedicato alla scoperta dei tesori nascosti di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023. A seguire, alle 20, inaugurazione al Museo Diocesano, in via Gasparo da Salò, di «Frammenti», mostra, con opere di studenti ed ex studenti dei corsi di Pittura, Scultura e Arti Visive, dedicata al tema della fragilità; la collettiva sarà visitabile sino al 4 giugno.

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