Cultura

Pino Daniele, il dolce graffio del blues

Pino Daniele, mercoledì sera in piazza Loggia davanti ad un migliaio di spettatori, ha dato prova della naturalità del suo timbro, pur sempre un tratto distintivo, che «può piacere o no - bisbigliano tra il pubblico -, ma certo lui è bravo». Attacca evocando gli albori di carriera, il 1979 di «Je so' pazzo» e i primissimi Ottanta di «A me me piace 'o blues».
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Pino Daniele, mercoledì sera in piazza Loggia davanti ad un migliaio di spettatori, ha dato prova della naturalità del suo timbro, pur sempre un tratto distintivo, che «può piacere o no - bisbigliano tra il pubblico -, ma certo lui è bravo». Attacca evocando gli albori di carriera, il 1979 di «Je so' pazzo» e i primissimi Ottanta di «A me me piace 'o blues».

Ebbene sì, a distanza di oltre trent'anni Masaniello è tornato, affiancato da amici di allora quali Rino Zurzolo a basso e contrabbasso, il batterista Agostino Marangolo e Gianluca Podio a piano e tastiere. Tastiera che sui toni ascendenti fa il verso alla voce chiamata ad armonizzare semplicità sugli arrangiamenti blues, tra italico idioma, partenopeo stretto e lingua d'Albione.  «Dimentica» enuncia il ricorrente omaggio a Carlos Santana; «Dubbi non ho» è modulata e adulata da un basso che si fa sentire senza soggiogare.

Pino Daniele non delude, porta sul palco i suoi successi, «Sara» da «Medina», con la stessa incisività di un saxofono si inserisce il contrabbasso, o per meglio dire il contrappasso baritonale al timbro tenoreo vigilato da un'intera sezione ritmica, che sa scivolare come sul velluto nell'intreccio melodico. «Chi tene 'o mare» (dall'album eponimo del 1979) è una marea di pathos sulla platea, pronta ad intonare «Quando» in versione, perlomeno all'inizio, da pianobar d'elite.

Gli astanti («Bravo guaglio'!») invocano i bis, il cantautore napoletano concede «Uè man» e «Sono un cantante di blues». Ed effettivamente Pino si conferma tale, cantante, ma soprattutto chitarrista, blues, di un blues con la «pummarola n'coppa», che affonda le mani nella pasta sapiente della ricerca stilistica e dell'arte pratica, tuttavia in grado di risultare digeribile anche a chi si sia fatto i denti su gusti più tradizionali, come testimonia del resto il successo radiofonico dell'artista. E «Che Dio ti benedica», Pino, hai ragione: «Il blues non morirà mai, ma noi sì».
 

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