Cultura

Mario Biondi, il re dei crooner è in gran forma

Applausi al Dis_Play per la tappa del tour dell’apprezzato cantante
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MARIO BIONDI CON ROMANTIC TOUR
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Comincia e finisce cantando in italiano, Mario Biondi, e chissà che non sia un’indicazione precisa per orizzonti futuri. In mezzo, una bella performance dall’estensione generosa (due ore), dominata come al solito da brani in lingua inglese, condotta con il consueto stile raffinato da crooner, che ha pochissimi eguali in Italia, specialmente a questi livelli.

Al Dis_Play del Brixia Forum, ieri sera, eravamo lontani dal tutto esaurito (circa 400 gli spettatori, definiti dall’artista «i famosi pochi ma buoni»), ma chi c’era s’è spellato le mani per l’esibizione di un artista in gran forma, forte del suo atipico registro baritonale e di una timbrica scura eppure sempre solare. In apertura, come detto, una (rara) canzone tricolore dal titolo potentemente godardiano, «Fino all’ultimo respiro», inserita nell’ultimo album, «Romantic»: per atmosfera ricorda certi pezzi di Bocelli, e l’interpretazione di Biondi - per l’occasione seduto su uno sgabello - è decisamente appassionata.

  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
    Mario Biondi in concerto al Dis_Play
  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
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  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
    Mario Biondi in concerto al Dis_Play
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  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
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  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
    Mario Biondi in concerto al Dis_Play
  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
    Mario Biondi in concerto al Dis_Play
  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
    Mario Biondi in concerto al Dis_Play
  • Mario Biondi in concerto al Dis_Play
    Mario Biondi in concerto al Dis_Play

Ma è da subito in evidenza pure l’ottima band, che ha un’ossatura consolidata nella sezione ritmica, nelle chitarre e nel piano, arricchita poi da interventi sontuosi dei fiati, mentre la polistrumentista Silvia Olari (nota per «Amici») è l’unica voce femminile presente sul palco, e si rivela all’altezza nei duetti col boss.

A prescindere dal titolo del disco (di cui scorrono varie tracce, compresa «Romantic Song», accolta da un’ovazione) è l’attitudine di Biondi & Co. a essere positivamente romantica, con inviti costanti al sentimento, che la platea raccoglie convinta. Tra soul, jazz e canzone americana (come la splendida «Something That Was Beautiful» scritta per Biondi dal mostro sacro Burt Bacharach), trovano posto standard di culto quali «What’s Goin On» di Marvin Gaye, «Smooth Operator» di Sade, «Jeannine» di Oscar Brown jr e Duke Pearson, il groove irresistibile di «Rio de Janeiro Blue» di Joe Sample e Randy Crawford; ma pure classici della casa tipo «No More Trouble», «Shine On», «A Child Runs Free» e «Love Is A Temple», pezzo recente ma già accompagnato da un’aura quasi sacrale, forse perché il video che lo lanciò venne girato nella casa gardesana del Vate D’Annunzio.

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Altri pezzi

La lingua di Dante fa nuovamente capolino con «La voglia, la pazzia, l’idea» (da «Sun», 2013), meno ampollosa e più sbarazzina di quanto la ricordassimo, ma infine non può mancare l’ormai leggendaria «This Is What You Are», che diede a Biondi fama mondiale nel 2004, ricamandogli addosso l’etichetta di «Barry White bianco», come se già Barry non fosse stato tale (quantomeno nel cognome). L’unico bis dice invece «Prendila così», evocando la coppia Battisti-Mogol, in una versione decisamente godibile del pezzo, a cui il pubblico fa volentieri da coro.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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