Manera: «La provincia è una fonte inesauribile di comicità»

Questa intervista è parte del progetto «Interviste allo specchio», condiviso con L’Eco di Bergamo e nato in occasione del 2023, l’anno che vede i due capoluoghi uniti come Capitale della Cultura 2023. Ogni domenica i due quotidiani propongono l’intervista a due personaggi autorevoli del mondo culturale (nell’accezione più ampia), uno bresciano e uno bergamasco, realizzate da giornalisti delle due testate. Di seguito trovate l’intervista al personaggio bresciano. Per scoprire il contenuto dell’intervista all’omologo bergamasco invece, vi rinviamo a L'Eco di Bergamo.
Sta preparando la nuova stagione di Zelig, in onda tra fine novembre e dicembre, lasciando in stand-by impegni radiofonici e televisivi, consapevole che «non si può fare sempre tutto». Ma l’eclettico comico Leonardo Manera, 56 anni, ha già nel mirino la prossima stagione teatrale, in cui medita di portare in scena uno spettacolo come di consueto irriverente, dal titolo «La vita perfetta fa schifo».
Leonardo: quasi quarant’anni di carriera, tra teatro, studi tv, radio, libri e cinema. È già tempo di fare bilanci, stabilendo priorità?
Bilanci ne faccio sempre. Di certo la cosa che mi piace di più, e per la quale mi sento più portato, sono gli spettacoli dal vivo, a contatto con il pubblico, in teatro. Anche se ogni esperienza ulteriore è utile per migliorarsi.
Ha interpretato tanti personaggi comici. A quale è più affezionato?
Direi Peter (irresistibile outsider gardesano, ndr): l’ho fatto e continuo a farlo volentieri, perché funziona ed è «spendibile» in tutta Italia. E poi mi ricorda Salò, dove abitavo: il modo di parlare è quello di un amico di là, il nome è quello di un altro ragazzo salodiano. In fondo, è pure un modo per restare collegato alle mie radici.
Zelig è una fase, dentro una carriera densa di molte altre soddisfazioni. Eppure, se dici Leonardo Manera, tutti pensano subito alla mitica trasmissione. Perché?
Quegli anni (Zelig debutta nel 1996, Manera vi approda nel 2000, ndr) sono stati unici, per i comici. Quando ho iniziato, il programma era visto da 10-11 milioni di spettatori, prima o poi tutti si imbattevano nei tuoi personaggi.
Qual è la sua fonte principale per costruire un personaggio comico?
Non ci sono elementi fissi: mi guardo attorno, tengo d’occhio la realtà. Di solito parti da te e dalla tua vita, poi allarghi gli orizzonti. Io, a volte prendo da persone che conosco o che incontro, altre da film che vedo, come quando feci il «cinema polacco» con Petrektek e Kripstak…
Un gustoso siparietto che in verità guardava al cinema del poeticissimo regista finlandese Aki Kaurismaki…
C’è stato un periodo in cui mi ero affezionato a quel tipo di cinema, dalla comicità surreale e con ritmi lenti. Adesso, un po’ meno. Ma non amo troppo le commedie, preferisco film pesanti in cui succede poco o niente…
Ironizzando sulle sue (disastrose) esperienze con gli psicologi, spese belle parole sulla «comicità come terapia»
Sul palco, ci si estrania dagli affanni del quotidiano. Se poi uno trova il modo di raccontare i suoi problemi addirittura facendo ridere, succede che l’ironia è utile per chi è in scena e anche per chi, tra il pubblico, vive certe situazioni, che alla fine sono quasi sempre universali. Diceva Gaber che «stare sul palco è come andare dallo psicologo, dove però non paghi ma vieni pagato».
Da anni vive a Milano. Come le appaiono Brescia e provincia da una certa distanza?
Soprattutto la provincia di Brescia, continua ad appassionarmi molto. È quella che realmente conosco… abitavo a Salò, ma giocavo a pallone a Villanuova, e trovo che Villanuova (e Gavardo, i Tormini…) siano la vera provincia, più di Salò, che ha una vocazione turistica e in cui la brescianità è un po’ scolorita. La provincia, per i comici, è sempre ricca di spunti, e io ne ho trovati tantissimi.
Che dice di Bergamo e Brescia Capitale della Cultura?
Ultimamente sono stato più a Bergamo che non a Brescia, e ho notato un fermento differente nella città. È utile, perché le nostre sono province spesso ingiustamente liquidate con l’associazione al mondo del lavoro «serio» e duro, mentre sono ricche di iniziative e di cultura. Giusto mettere finalmente in risalto un’immagine più completa e corrispondente al reale.
A questo link l'intervista realizzata dall'Eco di Bergamo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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