Il dipinto voluto da Napoleone III (e da Gnutti) sarà della città

Voluto dall’imperatore di Francia per celebrare la vittoria contro gli austriaci, esposto al Salon di Parigi del 1861 e destinato alle collezioni di Versailles, donato dallo stesso Napoleone III al maresciallo Niel, tra i protagonisti dell’epico scontro, che lo custodì nella sua residenza di campagna, il castello di Aufréry, presso Tolosa; venduto all’asta da Chassaing nel 2004 (per 46mila euro) e approdato in Italia, è finito poi nella collezione del finanziere bresciano Emilio «Chicco» Gnutti. Che ora lo sta cedendo alla Fondazione Brescia Musei (si parla di 100mila euro): sarà collocato nel nuovo Museo del Risorgimento che aprirà i battenti a fine anno in Castello.
È una storia prestigiosa, quella del dipinto di Jean-Adolphe Beaucé che raffigura un episodio della battaglia di Solferino del 24 giugno 1859, per l’esattezza «Il generale Niel sul campo di Medole ordina l’attacco alla Casa Nuova». Prestigiosa e complessa, con quello che potremmo definire un lieto fine: quel paesaggio fitto di figurette tratteggiate con cura maniacale - dall’imperatore in sella al cavallo all’ultimo dei fanti ferito a terra - è quello della campagna di Medole, al confine tra le province di Brescia e Mantova, e potrà essere ammirato a pochi chilometri di distanza dai luoghi degli epici e tragici eventi.
Come già i suoi predecessori, anche Napoleone III volle immortalare le proprie gesta militari, ingaggiando una schiera di artisti destinati ad accompagnare l’esercito francese (se non addirittura inquadrati nei ranghi) per ritrarre dal vivo, en plein-air, ambientazioni e scene di battaglia. Artisti, soldati, ma anche topografi in grado di rendere esattamente spazi e prospettive nei disegni eseguiti su taccuini e fogli volanti, ma capaci anche di tradurre quegli appunti in opere di grande respiro.Destinate ad essere esposte al pubblico nel Salon, appunto, per poi entrare nelle collezioni imperiali della reggia di Versailles.
L’esposizione parigina del 1861 ebbe come tema la campagna d’Italia, ed accolse accanto a quella di Beaucé anche altre opere di colleghi impegnati sui campi di Magenta e di Solferino, tra cui Antoine-Valentin Jumel, Adolphe Yvon, Eugène Ginain, Jules Rigo, Alfred Couverchel, Charles-Edouard Armand-Dumaresq, tutti ricordati anche nel catalogo dell’esposizione «Napoleone III a Brescia e Solferino» che i Civici Musei di Brescia allestirono in Santa Giulia nel 2009 a cura di Elena Lucchesi Ragni, Maurizio Mondini e Francesca Morandini.
In mostra c’era anche il dipinto di Beaucé, all’epoca già in mano a Gnutti (che viene citato nei ringraziamenti). Il collezionista bresciano aveva visto giusto, quando acquisì l’opera. Tra tutti i dipinti di tema militare esposti al Salon del 1861, questo fu praticamente l’unico salutato dal successo di pubblico e critica, che raccolse elogi e venne giudicato il migliore in mostra. Tanto che quando l’imperatore lo scelse per farne omaggio al maresciallo Niel, privandone così le collezioni di Versaille, ci fu anche chi si rammaricò del gesto. Così ne parlò all’epoca lo scrittore Maxime du Camp, come riporta ancora il catalogo dell’esposizione: «Qui niente stato maggiore in pompa magna, niente fantasmagorie epiche, ma veri morti, feriti reali, prigionieri effettivi (...). Si capisce che Beaucé ha vissuto a stretto contatto con i soldati francesi, ne conosce i costumi, gli atteggiamenti e i gesti più intimi; è un buon dipinto e io preferisco cento volte questa tela onesta alle pompose esagerazioni di cui ho parlato più sopra».
Nei quasi cinque metri di larghezza si dispiegano non solo l’epica militare e il respiro del paesaggio, ma anche la fedeltà della cronaca. Un dipinto che è un documento storico, anche per questo scelto per accompagnare la narrazione del nuovo museo.
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