Cultura

Esce il 14 febbraio «Sei tu il figlio», il romanzo di Emanuele Galesi

In uscita per i tipi di Piemme, parla di «padre e figlio: il volto familiare e amato travolto nel tunnel della dipendenza»
La copertina del romanzo di Emanuele Galesi - Foto © www.giornaledibrescia.it
La copertina del romanzo di Emanuele Galesi - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Quando i ruoli si ribaltano. È un padre, questa volta, ad essere caduto nel tunnel della dipendenza, senza più la forza di venirne fuori. Ed è un figlio seduto nella stanza d’ospedale a guardare dolorosamente, con un senso di rabbia mista ad impotenza, la sagoma di un uomo consumato dalla droga, di cui deve prendersi cura: è suo padre quello che vede sdraiato nel letto, sa che per gli altri «quel manichino smunto è solo un tossico, un poveraccio inutile». Ma per lui è diverso, è il volto familiare e amato che lo riporta al passato, a quand’era ragazzino e quella figura rassicurante lo conduceva per mano, al riparo da tutto.

«Sei tu il figlio» (Piemme edizioni, 256 pp.; 18,50 euro) è il primo romanzo del bresciano Emanuele Galesi, in uscita nelle librerie il 14 febbraio, ed è ispirato ad una drammatica storia vera. Ne abbiamo parlato con l’autore, insegnante di scuola primaria, giornalista, che con il racconto ha vinto il 1° premio nella sezione "Opere inedite" alla 10ª edizione del premio letterario «Angelo Zanibelli».

Emanuele, com’è nata l’idea di quest’opera prima, che suscita una lettura nuova del problema della tossicodipendenza?

È nata dalla mia esperienza autobiografica, cui ho voluto aggiungere elementi di fiction. La prima stesura è stata di "sfogo", nel senso che ho lasciato uscire un serie di emozioni tenute dentro per molti anni, ma già immaginandola non tanto come diario, bensì come libro con un suo valore letterario. Ho provato a proporlo, ma evidentemente c’era qualche difetto; allora mi sono dedicato ad una seconda stesura molto elaborata, che è durata circa un anno: l’ho ripreso in mano, riequilibrato le parti legate alla storia del padre ed alla storia di un pittore che il protagonista (che non sono io, è più giovane di me e non ha un lavoro) segue, e di cui pure cerca di raccontare la vicenda. Mi ha aiutato anche l’aver partecipato ad un corso di scrittura, dove ho imparato a lavorare sui personaggi e rendere l’esigenza artistica "artigianale" più fruibile al lettore.

Da qui la partecipazione, e il trionfo, al premio Zanibelli...

Sì, ho saputo dell’uscita del bando e ho deciso di partecipare alla selezione. Ed è arrivata la vittoria; un fatto emozionante, tanto più che il titolo del premio è «La parola che cura». Non voglio ridurre il mio scritto a qualcosa di terapeutico, ma può essere anche questo.

La premiazione di Emanuele Galesi - © www.giornaledibrescia.it
La premiazione di Emanuele Galesi - © www.giornaledibrescia.it

Dove è ambientato il romanzo?

In un luogo che può essere Brescia, però ho sfumato moltissimo l’ambientazione sia fisica, sia temporale; non c’è mai un’annotazione diretta di vie e strade. La città è vista piuttosto come un corpo astratto.

Che ruolo ha, nella trama, il personaggio del pittore?

Una sorta di parallelismo, rispetto alla situazione del padre morente. Il protagonista ha in mente di realizzare un documentario su questo personaggio misconosciuto e che fa quadri di pessima qualità, esposti in un locale cittadino. Inizia allora una ricerca e scopre che il soggetto in questione è molto più complesso di quanto potesse credere. Come se ne avesse un’immagine bidimensionale, mentre in realtà era tridimensionale. Una cosa che fa riflettere sul rapporto tra immagini esterne e dimensione più profonda: non si può ridurre ad una "figurina" una persona che ha problemi, che ha una sua storia e conserva una parte di mistero che non riusciamo ad indagare completamente. Un atteggiamento che spesso sta dietro al pregiudizio verso i tossicodipendenti, considerati un po’ come se fossero tutti uguali.

Qual è allora, in tali circostanze, il potere della parola?

La parola è un mezzo di trasporto, è come l’acqua che scorre e raggiunge luoghi e persone diverse; fa da tramite tra una storia personale e una storia che può comunicare qualcosa anche agli altri. Aiuta a rimettere ordine nelle cose che ci sono accadute. Ed a curare le ferite inferte dalla vita.

Sta lavorando a qualche nuovo progetto editoriale?

Sto scrivendo un libro per ragazzi e un nuovo romanzo, più fiction stavolta, ma in cui tornano i temi da me più visitati: l’emarginazione e le vite "strambe" di persone che sono fuori dall’ordinario contesto.

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