Carofiglio: «Riuscire a raccontarsi è coscienza di crescita»

Si può uccidere per rancore? «Certo» conferma Gianrico Carofiglio: «Ma le cause molto spesso non hanno alcuna proporzione con l’enormità di un delitto. Siamo pieni di risentimento e di rabbia perché non siamo stati capaci di riconoscere che in certe situazioni siamo stati mortificati e umiliati e le nostre aspettative sono state negate. Questo porta ad un accumulo di materiale tossico, che a volte esplode mostrando una totale sproporzione tra le singole cause e quello che avviene».
Lo scrittore pugliese, ex magistrato ed ex politico, parla del suo ultimo romanzo (ne ha scritti una trentina, tra gialli, saggi e racconti) con protagonista, ancora, Penelope Spada. La trama è imperniata, appunto, su uno dei più odiosi sentimenti umani, il «Rancore» (Einaudi, 238 pagine, 18,50 euro). Avevamo fatto la conoscenza con questo personaggio un anno fa, col romanzo «La disciplina di Penelope» (Mondadori, trasformato anche fiction sonora, il vecchio radiodramma, per Rai Radio1). Milanese, ex pubblico ministero, carriera interrotta bruscamente (i motivi l’autore ce li rivela in questo nuovo romanzo), Spada è ridotta a fare l’investigatrice privata. E in questa indagine è come se inquisisse più le anime dei protagonisti che i fatti.
Il prof. Leonardi, chirurgo e barone universitario, massone, ricco, potente, donnaiolo, divorziato e risposato con una donna più giovane di lui di una trentina d’anni, Lisa Sereni, ex attricetta televisiva, improvvisamente muore: infarto, diagnostica un medico amico; cerimonia funebre e frettolosa cremazione. Ma due anni dopo Marina, figlia di primo letto, che per testamento ha avuto solo una piccola parte della cospicua eredità andata per la maggior parte alla giovane vedova, si è convinta che il padre sia stato ucciso e si rivolge a Penelope perché indaghi. Una storia che, letterariamente, è una superba indagine psicologica.
I gialli, un pretesto per sviscerare a fondo l’animo umano?
Il giallo è un’intelaiatura che, rispetto ad altre, ha il vantaggio di tenere stabilmente avvinti i lettori fino alla fine. Ma questo - senza svalutare la trama gialla, che è tecnica e artigianato - non è un fatto estrinseco, non è separato dai contenuti più profondi. Il racconto di sé dei personaggi è forse la cosa più importante. E questo è proprio un libro sul racconto di sé. Il risultato narrativo è l’esito di una combinazione di tante storie di personaggi molto diversi tra loro, che danno uno squarcio, un brandello di riflessione sulla condizione umana.
Il carattere duro di Penelope è conseguenza delle sue peripezie professionali?
La durezza esteriore è il risultato di traumi e di paure che scopriamo, o meglio, che lei scopre su se stessa. Perché dopo aver raccontato tutta la sua storia all’amico Alessandro è come se avesse attraversato il momento della catarsi: «È la prima volta che l’ho raccontata tutta - dice a se stessa - e in un certo senso è la prima volta che la raccontavo a me stessa». Riuscire a raccontarsi è una chiave della coscienza della crescita, ed è uno spunto fondamentale di questo libro. Una certa aggressività, anche vorace, che noi percepiamo è un modo per esorcizzare la paura.
Nell’insistenza dei parenti che chiedono giustizia per le loro vittime prevale il rancore e il desiderio di vendetta?
La mia impressione - scritta anche nella prima bandella del libro - è che chiedono la punizione per i colpevoli, la vendetta più o meno regolata dalle leggi, ma nella sostanza, nel lungo periodo, quello che vogliono è che sia ripristinata la verità su quello che è successo: per loro è l’unica cosa che produca la guarigione delle ferite. E nel profondo, al di là del comprensibile desiderio di punizione e di vendetta, è quello che collega la fase più dolorosa del delitto e della perdita.
Come vede lei il dramma della guerra in Ucraina?
È uno dei classici errori catastrofici, e parlo di Putin. Un misto di narcisismo e di carenza d’informazione: l’incapacità di distinguere lo scenario oggettivo dalle ambizioni personali e - come in questo caso - da quelle patologiche.
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