Cultura

Bosch a Milano e quelle tracce bresciane nel suo «altro Rinascimento» di sogni e mostri

Dalle esplicite «citazioni» di Girolamo Savoldo alla Rotella prestata dal Museo delle Armi, ci sono influenze dell'artista olandese
Il «Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio» di Bosch, Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga - © Dgpc Luisa Oliveira
Il «Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio» di Bosch, Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga - © Dgpc Luisa Oliveira
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C’è una dimensione europea di vasto respiro nella suggestiva e sfaccettata mostra che Milano dedica a Jheronimus Bosch nelle sale di Palazzo Reale, in piazza Duomo. E c'è anche un legame bresciano con l'artista olandese del Cinquecento.

Dopo cinque anni di lavoro di preparazione, i curatori Bernard Aikema, Fernando Checa Cremades e Claudio Salsi, rispettivamente olandese, spagnolo e italiano, hanno radunato un centinaio di opere tra sculture, arazzi, incisioni, bronzetti, libri antichi, strumenti musicali, pezzi di artigianato esotico e soprattutto dipinti, tra cui ben cinque capolavori dello stesso Bosch. È un numero di tutto rispetto, se si pensa che quelli autografi che si conoscono sono appena una ventina.

Da Lisbona è arrivato il grande, spettacolare trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio; da Madrid le tavole delle Meditazioni di San Giovanni Battista e delle Tentazioni di Sant’Antonio; da Bruges il fondamentale trittico del Giudizio Finale; infine, da Venezia, il trittico dei Santi Eremiti. Del celeberrimo Giardino delle Delizie è presente una copia realizzata dalla bottega stessa dell’artista; così come in copia dell’epoca c’è un’altra opera famosa, «La visione di Tundalo».

Chi era Bosch

Jheronimus Bosch nasce a ’s-Hertogenbosch, nel Brabante oggi olandese, nel 1453 e vi muore nel 1516, probabilmente senza essersene mai allontanato. Alla sua morte è famoso, ha lavorato per l’alta società dei Paesi Bassi, di Borgogna, Spagna e Italia, e ha un’avviata bottega che soddisfa le richieste dei collezionisti.

La sua arte non solo gli sopravvive, ma nel giro di pochi anni acquista risonanza in tutta Europa, all’epoca in buona parte sotto la sovranità degli Asburgo - dalla Spagna alle Fiandre, dall’Austria ai territori germanici e slavi del Sacro Romano Impero - e soprattutto ne influenza in modo duraturo la cultura visiva. «Il suo trademark, il suo marchio di fabbrica, sono i mostriciattoli, le visioni oniriche, gli incendi» sintetizza Bernard Aikema. Bosch popola infatti i suoi dipinti, quasi in un horror vacui, di ogni sorta di creature immaginarie e di costruzioni impossibili, in cui si fondono esseri umani o soltanto alcune loro parti, animali, piante, oggetti, dando vita a un universo fantastico e inquietante, minaccioso, infernale, pur se con tocchi di ridicolo.

Il linguaggio

Bosch realizza un linguaggio basato sulla «curiositas» nei confronti del reale, alternativo a quello basato sulla classicità, l’ordine, la razionalità del Rinascimento italiano. Alternativo, ma non in opposizione. L’«altro Rinascimento» di cui parlano i curatori è dunque una corrente trasversale che percorre le varie espressioni artistiche europee e che dà voce a bizzarria, irregolarità, stravaganza, magia, visione, sogno: tutti elementi che all’epoca erano oggetto di studio e di dibattito, e che trovavano concretizzazione nelle Wunderkammern, le «camere delle curiosità» e delle meraviglie.

L'influenza dell'artista anche a Brescia

L’influsso di Bosch nell’Italia del Nord, che rapidamente coinvolge anche le corti Gonzaga e Farnese, inizia nel 1521, quando il cronista Marcantonio Michiel - nella collezione veneziana del cardinale Domenico Grimani - vede tre dipinti dell’artista e parla di «mostri, incendi e sogni», caratterizzandolo definitivamente. Dal 1528 - nella collezione del cardinale Marino Grimani, nipote di Domenico - compare il trittico del Giudizio finale (oggi a Bruges, in Belgio): a questa collezione ha accesso anche il bresciano Giovanni Girolamo Savoldo, che ne resta affascinato, e che ne riproduce accuratamente alcuni mostricciattoli nella sua tavola sulla tentazione o il tormento di Sant’Antonio, oggi conservata a San Diego di California, al Timken Museum of Art (e in fotografia alla mostra milanese, con i dettagli evidenziati), collaborando al lancio della novità.

Queste novità «alternative» si intrecciano ai capricci presenti nella «grottesca» romana appena recuperata da Raffaello, come avviene nella Rotella classica prestata da Brescia, a Palazzo Reale esposta en pendant con una Rotella spagnola del 1550, dove i combattenti sono invece esserini boschiani, ridicoli, stravaganti, mostruosi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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