Violenza sulle donne, Nordio e Roccella nella bufera

Polemica per le dichiarazione dei ministri intervenuti in occasione della Conferenza internazionale di alto livello contro il femminicidio che si è tenuto a Roma
Il ministro per le Pari opportunità Eugenia Roccella e il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera - Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il ministro per le Pari opportunità Eugenia Roccella e il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera - Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Gli interventi e le dichiarazioni rilasciate dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e dalla ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, in occasione della Conferenza internazionale di alto livello contro il femminicidio che si è tenuta a Roma, hanno riacceso il dibattito sul tema della violenza contro le donne e in particolare sul ruolo dell’educazione sessuale e affettiva, suscitando immediate reazioni da parte delle opposizioni.

Le dichiarazioni di Nordio

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio affrontando il tema delle radici culturali della violenza di genere ha così dichiarato: «Anche se oggi l’uomo accetta – e deve accettare – una piena parità formale e sostanziale con la donna, nel suo subconscio il suo codice genetico oppone ancora una certa resistenza» sostenendo che esiste «una sedimentazione nella mentalità dell’uomo, del maschio, difficile da rimuovere, perché frutto di millenni di sopraffazione e di presunta superiorità». Ha poi proseguito l’intervento dichiarando che il contrasto a questa eredità culturale richiede un impegno su più livelli: «È necessario intervenire con le leggi, con le leggi penali, con la repressione e con la prevenzione, ma soprattutto è necessario intervenire sull’educazione, cercare di rimuovere dalla mentalità del maschio questa sedimentazione millenaria di superiorità che si è tradotta e continua a tradursi in atti di violenza».

Il ministro ha poi ribadito il ruolo centrale della famiglia nei percorsi educativi: «L’educazione in famiglia, fatta con l’esempio prima ancora che con le belle parole, è fondamentale. Se vogliamo sradicare questa forma di sopraffazione funesta che continua a tradursi in atti criminali, benissimo le leggi, ma serve un’educazione che cominci dall’infanzia e dalla famiglia».

Le reazioni politiche

Le parole di Nordio hanno scatenato immediate reazioni politiche. La presidente dei deputati di Italia Viva, Maria Elena Boschi, le ha definite «imbarazzanti». L’esponente di Iv ha criticato anche le dichiarazioni rilasciate a margine dell’evento dalla ministra per le Pari opportunità, Eugenia Roccella, secondo la quale «si può parlare di educazione sessuo-affettiva, ma lateralmente». Roccella ha aggiunto: «Se vediamo i Paesi dove da molti anni è un fatto assodato, come la Svezia, notiamo che non c’è correlazione con la diminuzione dei femminicidi. Non voglio criminalizzare la Svezia, ma non c’è una correlazione fra l’educazione sessuale nella scuola e una diminuzione delle violenze contro le donne».

«Le parole della ministra Roccella e del ministro Nordio sono aberranti oltre che fuori dal tempo. Ogni 3 giorni una donna muore in Italia per mano del compagno o ex marito. La violenza di genere è un dato drammatico che colpisce almeno una volta nella vita le donne nel nostro Paese. Sentire dal ministro Nordio che la prevaricazione è insita nel dna maschile è avvilente, come le dichiarazioni della ministra della famiglia che ritiene inutile l'educazione sessuo-affettiva raccomandata da Oms e Unesco per eradicare la violenza di genere. Sembra di essere ripiombati in un racconto dell'Ancella, o nel peggior Medioevo. I ministri facciano un passo avanti negli anni Duemila e chiedano scusa a tutte le ragazze e donne vittime di violenza» afferma in una nota la senatrice M5S Sabrina Licheri in commissione Antidiscriminazioni.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche la deputata democratica Michela Di Biase che dichiara: «Le affermazioni del ministro Nordio sono aberranti. Parlare di una "resistenza nel codice genetico maschile" non solo è falso, ma rischia di trasformare una responsabilità culturale e individuale in un presunto destino biologico. La violenza non è scritta nel Dna: è il prodotto di educazione, potere e stereotipi. Attribuirla alla genetica significa, anche involontariamente, sfiorare la giustificazione di atti indegni invece di combatterli con chiarezza e responsabilità».

«Oggi il governo sta dando il meglio di sé: da un lato il ministro Nordio, imbarazzante, che parla di genetica maschile e inchioda così gli uomini ad essere violenti, dall'altro la ministra Roccella che minimizza il ruolo dell'educazione sessuale nella prevenzione della violenza, portando la Svezia come esempio negativo. Certo, se il problema è mutare il dna degli uomini diventa difficile, ma possibile che la ministra delle pari opportunità non sia interessata a sostenere percorsi educativi di superamento degli stereotipi, di educazione al consenso, di educazione sessuo-affettiva? Che non veda l'urgenza di adeguare la scuola ai cambiamenti avvenuti, alle domande delle ragazze e dei ragazzi?». A dichiararlo è Cecilia D'Elia senatrice Pd e vicepresidente della commissione bicamerale sul femminicidio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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