Trump valuta l’ipotesi di entrare in guerra contro l’Iran

Il presidente degli Stati Uniti tuona su Truth: «Sappiamo dov’è Khamenei, la nostra pazienza sta per esaurirsi». E chiede la resa incondizionata
Donald Trump parla ai giornalisti a bordo dell'Air Force One - Foto Getty/Afp © www.giornaledibrescia.it
Donald Trump parla ai giornalisti a bordo dell'Air Force One - Foto Getty/Afp © www.giornaledibrescia.it
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Donald Trump riunisce il suo team di sicurezza nella Situation Room della Casa Bianca dopo aver abbandonato anticipatamente il G7 canadese per la crisi mediorientale. E valuta l’ipotesi di entrare in guerra con Israele contro l’Iran, pur avendo sempre promesso in campagna elettorale di voler evitare nuovi conflitti per gli Usa. Su Truth ha già chiesto una «resa incondizionata» della Repubblica Islamica, dopo aver invitato tutti ad evacuare Teheran e avvisato che «ora abbiamo il controllo completo e totale dei cieli sopra l’Iran» grazie alla superiorità tecnologica militare Usa. Minacciato anche Ali Khamenei: «Sappiamo esattamente dove si nasconde il cosiddetto “Leader Supremo”. È un bersaglio facile, ma lì è al sicuro. Non lo elimineremo (non lo uccideremo!), almeno non per ora. Ma non vogliamo che i missili vengano lanciati contro i civili o i soldati americani. La nostra pazienza sta per esaurirsi».

Ipotesi attacco

Sul tavolo l’opzione di lanciare un attacco americano contro le infrastrutture nucleari iraniane, in particolare l’impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio di Fordow, profondamente interrato e raggiungibile solo dal più grande «bunker buster» Usa: è il Massive Ordnance Penetrator, o GBU-57, e pesa così tanto – 13.700 kg – che può essere sollevato solo da un bombardiere B-2. Israele non possiede né l’arma né il bombardiere necessari per portarla in quota e sganciarla sopra l’obiettivo. Fino a lunedì, quando era al G7, Trump ha insistito per un accordo con l’Iran, dandolo quasi per scontato. Ora sta mostrando i muscoli, anche rafforzando la presenza militare americana in Medio Oriente, con altri caccia militari e la portaerei Nimitz. Ma se la combinazione di persuasione e coercizione fallisce, dovrà decidere se questa è la guerra di Israele o quella dell’America.

Dall’Iran

Funzionari iraniani hanno già avvertito che la partecipazione degli Stati Uniti a un attacco ai suoi impianti metterebbe a repentaglio ogni residua possibilità di raggiungere l’accordo sul disarmo nucleare che Trump dice di voler ancora perseguire. Tornando dal G7, a bordo dell’Air Force One, il commander in chief ha ventilato la possibilità di mandare l’inviato speciale Steve Witkoff o il vicepresidente J.D. Vance a incontrare i negoziatori iraniani, spiegando di volere «una vera fine» alla questione nucleare iraniana, e non solo un cessate il fuoco tra Iran e Israele. Se uno dei due dovesse incontrare gli iraniani, secondo il New York Times, il probabile interlocutore sarebbe il ministro degli esteri Abbas Araghchi, che ha svolto un ruolo chiave nell’accordo nucleare del 2015 con l’amministrazione Obama e conosce ogni elemento del vasto complesso nucleare iraniano. Ma ora sembrano salire le chance dell’opzione militare.

Appelli per i negoziati

Due funzionari israeliani hanno detto ad Axios che Benjamin Netanyahu e il suo apparato della difesa continuano a credere che Trump potrebbe decidere di entrare in guerra nei prossimi giorni per bombardare l’impianto di Fordow. Finora, gli Stati Uniti hanno aiutato Israele a difendersi dai missili in arrivo, ma si sono rifiutati di partecipare a operazioni offensive. Nel giro di pochi giorni, però, si è passati dalla linea «non è una nostra operazione» a «noi ora controlliamo i cieli iraniani». Trump deve fare i conti con il Congresso, dove un gruppo bipartisan di deputati ha presentato una risoluzione che vieta alle «forze armate americane di intraprendere ostilità non autorizzate contro la Repubblica Islamica dell’Iran», perché «la Costituzione non consente al potere esecutivo di commettere unilateralmente un atto di guerra contro un Paese che non ha attaccato gli Stati Uniti». Dal G7 arrivano appelli per tornare al tavolo negoziale, come ha chiesto Emmanuel Macron, con un monito contro qualsiasi tentativo di cambio di regime che porterebbe al «caos». Ma il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha riconosciuto che Israele «sta facendo il lavoro sporco per tutti noi» in Iran, e che «se Teheran non fa marcia indietro, la distruzione completa del programma nucleare iraniano è all’ordine del giorno, cosa che Israele non può ottenere da solo».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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