In Senegal sta per aprire un centro socioculturale «bresciano»

È il primo, importante punto d’arrivo di un’avventura iniziata nel 2021. Mercoledì prossimo, 15 gennaio, sarà inaugurato in Senegal il centro socioculturale Keur Gian, che l’associazione bresciana TörTör (in lingua Wolof significa «fiore») ha realizzato a Toubab Dialaw, una trentina di chilometri a sud di Dakar.
Taglio del nastro
Verranno aperti i primi spazi completati del centro, concepito dall’architetta Paola Giacopelli. Il progetto, avviato su richiesta della comunità locale, è cresciuto nel tempo, coinvolgendo un numero sempre maggiore di soggetti.
Racconta Martina Stipi, presidente di TörTör: «Toubab Dialaw è un villaggio in espansione, molto vivace dal punto di vista culturale. La comunità ci ha chiesto di avere un centro per giovani e donne, con accesso gratuito. Abbiamo acquistato due terreni, scavato un pozzo e iniziato costruendo la Stanza della cura, luogo di scambi circolari tra saperi occidentali sulla cura del corpo e della psiche, e saperi tradizionali senegalesi: i guaritori, l’Hôpital Traditionnel di Keur Massar dove utilizzano le erbe; e le cure dell’anima attraverso la parola».

Sarà inoltre inaugurato il teatro, destinato a ospitare gli artisti locali. «Tutto – precisa ancora Martina – è costruito in materiali naturali, con la terra cruda rossa del territorio. Ha curato i lavori una Ong franco senegalese, Village Pilote, che recupera i ragazzi di strada mandandoli a scuola e insegnando loro un mestiere». In terra cruda è anche la statua del cobra simbolo del centro (la traduzione di Keur Gian è «Casa Serpente»), realizzata con la guida dell’artista Monica Bisco.
Al femminile
Tra i progetti già avviati, uno è dedicato alle donne, finanziato grazie a un bando della Chiesa valdese: «Un’artista parigina di fama internazionale, Anaïs Beaulieu, sta formando un gruppo di donne al ricamo artistico, per creare una cooperativa femminile che possa sostenersi con questa attività».

Un altro campo di intervento riguarda il problema dell’albinismo: «Medici bresciani aderenti all’associazione hanno costruito un progetto di sostegno per gli albini che ha coinvolto l’Università di Padova. In quest’area, a Niaye Khaye, ci sono molti ragazzi albini, con seri problemi dermatologici: i medici hanno visitato finora una sessantina di pazienti e forniremo alla comunità una formazione sanitaria adeguata e un trattamento efficace e accessibile per la cura dei tumori della pelle in stadio iniziale».
L’impegno
Per i volontari bresciani, il nome Keur Gian ha un duplice significato: il serpente, simbolo di «conoscenza, trasformazione e guarigione», e l’omaggio alla memoria del professore gardesano Giovanni «Gian» Stipi (1936-2015), autore di molti saggi e curatore di mostre dedicate al paesaggio del Garda, ma anche innamorato dell’Africa – dove insegnò negli anni ’80 – e della sua cultura. Per il 15 gennaio, data del compleanno di Stipi, la figlia Martina ha perseguito con amorevole tenacia la realizzazione della «casa» africana di Gian, aiutata da molti sostenitori e amici. Tra questi ultimi il regista Mario Piavoli e l’attrice e regista Valentina Carnelutti, che condurrà la giornata inaugurale.
Il percorso
La struttura sarà completata con una biblioteca multifunzionale, una terrazza con ristoro e una residenza per artisti. Ma il luogo è già vivo e attira più attenzioni: «Ci ha contattato una ricercatrice inglese di genetica, la cui università è interessata al progetto dedicato agli albini. Abbiamo portato semi fertili per le donne che coltivano gli orti comuni: li ha forniti Maurizio Gritta, presidente della cooperativa agricola Iris di Casteldidone, nel Cremonese. L’allenatore di basket Andrea Bergamaschi ha iniziato ad allenare i ragazzi della squadra locale e a formare altri allenatori: un progetto per promuovere l’inclusione sociale e l’integrazione attraverso lo sport».
Sono i frutti di un percorso lento, nato dal basso: «Abbiamo costruito relazioni, ascoltato le persone, assimilato energie e desideri del territorio. Gli abitanti ci vogliono bene, vivono il centro come cosa loro: le cose fatte così funzionano».
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