Mons. Zani: «Attuiamo il sogno di Bergoglio, un patto educativo globale»
«Quando mi ha nominato Bibliotecario e archivista del Vaticano, papa Francesco mi ha detto: vai e apri. Anche a quello straordinario patrimonio culturale voleva fosse applicato il suo principio guida di tutto il pontificato: la Chiesa in uscita. Ecco allora, non solo custodire, conservare, riservare agli studiosi, ma rendere la biblioteca un luogo accessibile a più persone possibili».
Mons. Angelo Vincenzo Zani nelle scorse settimane ha compiuto 75 anni, è quindi diventato bibliotecario e archivista emerito, in attesa di un nuovo incarico a servizio della Chiesa. L’arcivescovo bresciano ha lavorato a stretto contatto con papa Francesco, prima per aver guidato la Congregazione per l’educazione cattolica e poi, appunto, come Bibliotecario. Nei giorni scorsi è stato a Shangai per siglare un importante accordo tra la biblioteca vaticana e quella nazionale della Repubblica cinese, che ha nella metropoli una delle sue sedi principali.
Lei ha preso alla lettera la richiesta di apertura che ha ricevuto dal pontefice e l’ha allargata a tutto il mondo.
Voglio precisare che da sempre la biblioteca intrattiene rapporti con varie istituzioni culturali sparse in tutto il pianeta. Per quanto mi riguarda posso dire di essermi impegnato particolarmente anche su questo fronte.
Il suo ultimo impegno ufficiale è stato con la Cina, apparentemente una terra che non ha molte affinità con il cristianesimo.
Devo dire che ho trovato, soprattutto con il dipartimento della cultura nazionale cinese, tante possibilità di dialogo. Molte cose del passato ci accomunano, basti citare Marco Polo e Matteo Ricci, l’impegno dei gesuiti in quella terra. Siamo andati a recuperare la storia dei secoli passati, patrimonio dell’umanità. Nei vari incontri ho trovato un dinamismo culturale molto significativo. Di più: in questi anni ho verificato come, percorrendo le strade della cultura, si possono superare molte divisioni e incomprensioni.
È quella che lei definisce la diplomazia della cultura.
Sempre rifacendomi a quanto mi ha costantemente detto papa Bergoglio: cammina, vai avanti non ti fermare di fronte alle difficoltà. Sempre in stretto contatto con la Segreteria di Stato, mi sono impegnato per rendere concreta, appunto, la diplomazia della cultura. Ho verificato in prima persona come lungo questa strada si aprano possibilità immense.
Il tema dell’educazione era tra i più cari a papa Francesco. Cosa si intende per «patto educativo globale»?
Il patto educativo globale proposto da Bergoglio è un elemento che sintetizza e unifica il lungo percorso del pensiero sociale che si è snodato soprattutto dal Concilio ad oggi. Papa Francesco, dopo il suo viaggio negli Emirati Arabi, dove aveva sottoscritto con il Grande Imam Al-Ahar il documento sulla fratellanza universale (il 4 febbraio 2019, ndr), ha coniato appunto concetto di patto educativo globale come un mandato affidato agli adulti, alle istituzioni educative e alle personalità pubbliche nonché a tutte le espressioni religiose per promuovere insieme quelle dinamiche che danno un senso alla storia e la trasformano in modo positivo.
Il Santo Padre più volte ha spiegato che non si può educare perdendosi in «piccinerie», nei pettegolezzi, nelle chiacchiere: questa non è educazione.
Nei molti momenti di condivisione, di dialogo personale che ho avuto negli anni con papa Bergoglio, il tema dell’educazione tornava costantemente. Anche su questo fronte, ancora una volta, diceva che bisogna uscire, allargare lo sguardo, dilatare la visione. E allora diventa centrale, come ha spiegato, il ruolo della famiglia e dei docenti per affrontare le nuove sfide. Ma il problema oggi è soprattutto come l’educazione si impegna a trasmettere i valori culturali ed etici alle future generazioni. Educare, nella visione di Francesco, vuol dire investire sul futuro dell’umanità e qui è necessaria l’apertura alla speranza, servono coraggio e generosità. Il papa, con la sua consueta capacità di rendere chiari i concetti, sottolineava la necessità di tenere uniti la mente, il cuore e le mani. Perché educare significa non soltanto trasmettere delle conoscenze astratte, ma trasmettere conoscenze che vanno a toccare anche la sensibilità, le sensazioni, l’affettività della persona e che poi si traducano in scelte concrete. Anche sul fronte dell’educazione, il papa ci ha lasciato un compito fondamentale, che dobbiamo onorare: pensare un futuro diverso, di speranza.
Speranza sempre più difficile da trovare in un mondo flagellato dalle guerre. Oltre 60 conflitti in tutto il pianeta, quella che papa Francesco ha definito la terza guerra mondiale a pezzi.
Fino alla fine si è speso per chiedere la pace, lo ha fatto anche nel suo messaggio il giorno di Pasqua. «Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo» ha detto, ha denunciato per l’ennesima volta la corsa agli armamenti, ha chiesto il cessate il fuoco e il rispetto della dignità umana. Purtroppo, la sua voce è stata spesso, tra i grandi della terra, solitaria nel chiedere convintamente la pace.
Sarebbe il caso di tornare a parlare seriamente di cooperazione internazionale.
Esatto, è proprio questo il momento non solo di parlare, ma soprattutto di attuare in modo nuovo e creativo la cooperazione internazionale per arginare e invertire la deriva in cui si trova a vivere l’umanità in molti contesti locali come anche a livello globale. Il papa nel suo ultimo straordinario messaggio ha parlato della corsa agli armamenti. Da una parte si osserva che la spesa militare complessiva a livello mondiale ha superato ampiamente i 2.000 miliardi di dollari l’anno, dati da rivedere dopo il conflitto in Ucraina e in Medio Oriente; dall’altra continua ad aumentare la costruzione di muri e recinzioni per separare ciò che in realtà è strutturalmente unito. Oggi esistono nel mondo 80 muri per quasi 50.000 chilometri, l’equivalente della circonferenza dell’intero pianeta. È dinnanzi all’evidenza di questi dati che si deve invocare lo spirito di una rinnovata cooperazione per evitare il tracollo globale. Sempre citando Bergoglio, «vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile». Questa speranza è una delle tante eredità che ci ha lasciato papa Francesco.
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