Cronaca

Non furono maltrattamenti, assolto: «Indagare l’ex moglie che denunciò»

La decisione della Corte d’Appello sul caso di una coppia bengalese: il fatto non sussiste
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Non ci furono maltrattamenti. Per la corte di Primo grado e anche per quella di Appello il fatto non sussiste. Anzi. I giudici, nel dispositivo letto lunedì, hanno anche disposto che vengano inviati gli atti alla procura perché si valuti, in capo alla donna che aveva presentato denuncia e al suo compagno, un’azione penale per il reato di falsa testimonianza.

La vicenda riguarda una coppia bengalese, 40 anni lui e 29 lei, ora divorziata. La donna, con il supporto del nuovo compagno, un militare della Guardia di Finanza, aveva denunciato episodi di maltrattamenti che a suo dire aveva subito durante gli anni della convivenza. Una testimonianza che non era stata ritenuta attendibile tanto che, già il pubblico ministero del processo di primo grado, aveva chiesto l’assoluzione.

Impianto culturale

In quegli atti, però, il magistrato faceva riferimento all’impianto culturale della famiglia: «i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato – scrisse il pm – sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine». Frasi che suscitarono accese polemiche e che portarono il caso al centro di un’attenzione mediatica a livello nazionale prima che ci fosse la sentenza. In primo grado l’uomo era stato assolto con formula piena. Perché il fatto non sussiste.

Secondo grado

La donna, costituita parte civile, aveva impugnato la sentenza e la corte d’Appello aveva chiesto di sentire nuovamente sia lei che il suo nuovo compagno. Nell’udienza i due erano stati ascoltati e avevano raccontato quanto avevano già messo in denuncia. Fatti e circostanze che, anche secondo i giudici di secondo grado, non sussistono e che anzi meritano un approfondimento le dichiarazioni della donna che potrebbero configurare il reato di falsa testimonianza.

L’ex marito della donna, assolto con formula piena in primo e in secondo grado, è stato difeso dall’avvocato Gabriella Pezzotta che ha commentato la sentenza: «In questo processo, tutti gli operatori di giustizia hanno svolto correttamente e scrupolosamente il loro ruolo, anche con l’obiettivo di evitare condanne fondate su pregiudizi. A garanzia delle donne che effettivamente subiscono violenza, ma anche a garanzia degli uomini che subiscono un processo da innocenti». L’avvocato ha infatti ribadito che «sì, può anche essere che una donna bengalese accusi falsamente il marito di reati gravissimi».

La vicenda infatti aveva avuto una ampia risonanza mediatica e, secondo l’avvocato Pezzotta «La prima vittima della giustizia mediatica è la presunzione di innocenza. La signora ha inteso rivolgersi ai giornali e alle televisioni, partecipando a trasmissioni televisive mentre il processo era ancora in corso. In tal modo, si è sottratta al corretto contraddittorio, impedendo al marito la possibilità di difesa in queste sedi».

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