Nepal, sono 7 gli italiani dispersi a causa di neve e valanghe

A comunicarlo è la Farnesina: negli ultimi giorni diverse aree dell’Himalaya nepalese sono state colpite da valanghe e bufere
L'Himalaya nepalese
L'Himalaya nepalese
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Si teme per altri cinque connazionali in Nepal oltre ai due considerati dispersi. «Non si hanno notizie di 7 italiani, tra cui Marco Di Marcello e Markus Kirchler (nella zona di Yalung Ri, considerati dispersi)», si legge in una nota della Farnesina in cui si ricorda che le autorità locali hanno per ora confermato la morte di tre alpinisti italiani: Alessandro Caputo, Stefano Farronato e Paolo Cocco.

Negli ultimi giorni diverse aree dell’Himalaya nepalese sono state colpite da una serie di valanghe, che hanno travolto molti alpinisti fra cui alcuni italiani. Sono ancora difficili le comunicazioni tra le autorità, i responsabili delle operazioni di soccorso e le rappresentanze diplomatiche di vari paesi coinvolti. Il Console Generale d’Italia a Calcutta, competente per il Nepal, Riccardo Dalla Costa, è tuttavia giunto a Kathmandu, dove proseguono le ricerche, per un coordinamento con le autorità nepalesi e i gruppi di ricerca, in raccordo con la Farnesina.

Un anno insolito

«È un anno insolito per il Nepal. E non lo dico soltanto io, ma Karl Gabel, il più noto dei meteorologi che da anni invia previsioni a tutte le spedizioni alpinistiche. Quando ero là sono morte alle quote più basse, fra i villaggi, sessanta persone per le alluvioni. L'insolito è proprio questa coda di monsone che ha investito il Nepal. Grandi piogge, fiumi che esondano e devastano, tanta neve alle alte quote». Lo racconta a La Stampa Hervé Barmasse, alpinista valdostano e guida alpina del Cervino, che con i suoi compagni di cordata è salito per una via nuova sulla parete Sud del Numbur Peak, a 6.958 metri.

Barmasse sottolinea l'importanza di preparazione e prevenzione: «Il meteo è fondamentale soprattutto ad alta quota. Sapere le previsioni è ciò che fa la differenza per poter organizzare al meglio salita e discesa. Una volta, diciamo ai tempi di Reinhold Messner, per capirci, le previsioni erano assenti o comunque molto approssimative. Adesso sono, al contrario, molto precise, ma c’è sempre l’imprevisto», ovvero «i microfenomeni, cioè quanto accade in aree molto limitate, quindi non prevedibili».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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