Esercitazione tra i ghiacci del Nord America per gli F35 del 6° Stormo di Ghedi

La Redazione Web
L’obiettivo della Red Flag Alaska 2024, effettuata insieme ai colleghi statunitensi, era quello di «validare le capacità dei sistemi d’arma» e «consolidare le tattiche operative» in un ambiente non dissimile da quello dell’Europa orientale ai confini con l’area Nato
  • Esercitazione in Alaska per gli F35 del 6° Stormo di Ghedi
    Esercitazione in Alaska per gli F35 del 6° Stormo di Ghedi - Foto Aeronautica Militare © www.giornaledibrescia.it
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    Esercitazione in Alaska per gli F35 del 6° Stormo di Ghedi - Foto Aeronautica Militare © www.giornaledibrescia.it
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    Esercitazione in Alaska per gli F35 del 6° Stormo di Ghedi - Foto Aeronautica Militare © www.giornaledibrescia.it
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Dalla Bassa bresciana all’Alaska e ritorno. Si è conclusa dopo due settimane l’esercitazione Red Flag Alaska 2024 che ha visto per la prima volta F35 del 6° Stormo di Ghedi rischierati tra i ghiacci del Nord America in un’esercitazione congiunta proprio con i colleghi statunitensi. Accanto a piloti, tecnici e personale dei Diavoli Rossi, l’Aeronautica militare ha inviato oltre Atlantico anche equipaggi e specialisti del 32° Stormo di Amendola (operativi sempre con gli F35), ma anche Eurofighter del 4°, 36°, 37° e 51° Stormo, un G-550 Caew (un velivolo rada) e un’aerocisterna KC-767A del 14° Stormo di Pratica di Mare con specifici obiettivi addestrativi per ciascuna linea operativa, oltre a unità del 17° Stormo in funzione Jtac (specialisti del coordinamento di terra dei velivoli coinvolti in attività di supporto di unità dell’Esercito), coinvolte nella parallela esercitazione congiunta con colleghi Usa e olandesi «Distant Frontier».

Obiettivo dell’esercitazione che ha coinvolto circa un centinaio di aerei, era quello di «validare le capacità dei sistemi d’arma in dotazione e consolidare le tattiche operative, in scenari tattici moderni connotati da elevata variabilità e complessità». Il tutto - specifica la nota diffusa dall’Aeronautica Militare - immerso «in un ambiente geografico diversificato e nuovo, con clima rigido e proiettato lontano dai confini nazionali». Un ambiente, per inciso, non dissimile da quello dell’Europa orientale ai confini con l’area Nato, là dove i venti di guerra soffiano impetuosi. Difficile non cogliere nella scelta del contesto di esercitazione un’eco delle tensioni internazionali, sia sul piano operativo, per via della necessità di testare l’efficacia del proprio dispositivo bellico nell’eventualità di un impiego reale in tale contesto, sia sul piano geopolitico, con un segnale indiretto a Mosca.

Oltre 600 le ore di volo operate sui ghiacci artici, nell’ambito delle quali le differenti componenti dell’Arma azzurra si sono cimentate in tattiche di impiego congiunte con unità statunitensi della Pacific Air Forces dell’aviazione americana (Usaf) come pure di Marines e aviazione navale (Us Navy). Per i piloti degli F35 di Ghedi, tra l’altro, la trasferta in Alaska ha offerto anche l’occasione di partecipare con gli istruttori del 353rd Combat Training Squadron, specialisti dell’Artic Survival, Evasion, Resistance, and Escape (Sere) e i piloti statunitensi ad una serie di esercitazioni di sopravvivenza in ambiente artico con la simulazione del lancio di un pilota in territorio ostile e conseguente attività di Combat Search & Rescue (C-Sar) ovvero di recupero del personale (Personnel Recovery).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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