Le barche della Flotilla nella zona a rischio, l’Idf pronto a fermarle

La fregata Alpino si ferma a 150 miglia dalla Striscia. L’ordine agli specialisti è di non usare la «forza letale»
Una nave della Global Sumud Flotilla in acque internazionali
Una nave della Global Sumud Flotilla in acque internazionali
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Niente Gaza per la Global Sumud Flotilla, giunta dopo settimane di navigazione tutt'altro che tranquilla nella zona a rischio. A un centinaio di miglia dalle coste della Striscia, la Marina israeliana si prepara nella notte a prendere il controllo delle 45 imbarcazioni umanitarie che ospitano circa 500 attivisti (una cinquantina gli italiani). Fonti militari di Tel Aviv temono scontri e un possibile incidente durante l'operazione che non si annuncia semplice visto il grande numero di barche coinvolte.

Tutto come previsto, dunque. Israele aveva promesso che avrebbe fatto rispettare il blocco navale che ha imposto sulle acque di Gaza. Ed ha approntato un massiccio dispositivo per fermare la Gsf, mentre naviga in acque internazionali. All'azione partecipano anche gli incursori dell'unità speciale Shayetet 13, per la presa delle navi. Gli specialisti hanno istruzioni a non usare la «forza letale», ma in una situazione così complicata le incognite sono tante. La Marina prevede di trasferire gli attivisti su una grande nave militare e di rimorchiare le imbarcazioni verso il porto di Ashdod, con la possibilità che alcune vengano affondate in mare.

Nel pomeriggio di ieri, a 180 miglia da Gaza, la fregata militare Alpino inviata per dare assistenza ha comunicato alla flotta che alle 2 di notte, ora in cui la distanza di accorcerà a 150 miglia, la nave si sarebbe fermata «per non pregiudicare in alcun modo le garanzie di sicurezza delle persone imbarcate». È la linea rossa che non si può oltrepassare senza entrare in rotta di collisione con l'Idf. La nave della Marina ha dato disponibilità ad accogliere persone che volessero trasferirsi. Messaggio accolto male dalla Gsf che ha replicato: «questa non è protezione. È sabotaggio. È un tentativo di demoralizzare e dividere una missione pacifica e umanitaria. Il blocco di Israele è illegale ed il silenzio del mondo intollerabile. Se il governo italiano vuole essere ricordato per il coraggio, deve navigare con noi».

La premier Giorgia Meloni ha ribadito l'invito a fermarsi. «Con il piano di pace per il Medio Oriente proposto da Donald Trump – ha spiegato – si è finalmente aperta una speranza di accordo per porre fine alla guerra e alla sofferenza della popolazione civile palestinese e stabilizzare la regione. Questa speranza poggia su un equilibrio fragile, che in molti sarebbero felici di poter far saltare. Temo che un pretesto possa essere dato proprio dal tentativo della Flotilla di forzare il blocco navale israeliano».

Ma dalla Gsf le voci sono compatte. «Non ci fermeremo – spiega Arturo Scotto (Pd), uno dei quattro parlamentari della flotta – perché pensiamo che in acque internazionali bloccarci sia un atto illegale. Qualora l'alt dovesse arrivare dalla marina israeliana, o da qualsiasi altro mezzo militare, saremo costretti a fermarci, per evitare di mettere a rischio la sicurezza nostra e degli equipaggi. Esattamente quello che faranno tutte le barche della Flotilla».

Sul caso dei due attivisti a bordo, Zaher Birawi, capo del settore Hamas della Conferenza per i Palestinesi all'Estero nel Regno Unito, e Saif Abu Kashk, ceo di Cyber Neptune, accusati da Israele di avere legami con Hamas, è intervenuta la portavoce italiana della Global Sumud Flotilla, Maria Elena Delia. Intanto a Gaza si continua a morire: almeno 45 palestinesi sono stati uccisi nei raid israeliani di ieri.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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