Cronaca

Appalti, colletti bianchi e politica: la mafia oggi, secondo la Dia

Elio Montanari
L’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia non fa sconti: «Emerge una sempre maggiore tendenza a estendere e implementare ampie ed articolate capacità relazionali»
Un agente della Dia
Un agente della Dia
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La Relazione 2024 della Direzione investigativa antimafia (Dia) – che analizza la criminalità organizzata in Italia nel periodo tra gennaio e dicembre 2024 – non fa sconti: «Emerge, da parte delle organizzazioni criminali, una sempre maggiore tendenza a estendere e implementare ampie ed articolate capacità relazionali, particolarmente mirate al perseguimento di illeciti arricchimenti».

Con riferimento alla ’ndrangheta emerge l’immagine di una organizzazione criminale «proteiforme», che si distingue per la vocazione affaristico-imprenditoriale e per il ruolo di rilievo nell’ambito del narcotraffico internazionale. Rispetto ad altre mafie tradizionali, l’organizzazione calabrese manifesta una versatilità che le consente di adattarsi ai molteplici contesti in cui opera. «Attrae abilmente i propri interlocutori – dagli attori della politica locale agli operatori economici e imprenditoriali – prospettando vantaggi immediati, per poi fagocitare e controllare tutti i settori in cui penetra».

Mafia e pubblica amministrazione

La relazione sottolinea anche l’interesse mafioso per la Pubblica amministrazione, mettendo in fila alcuni casi emersi nel corso del 2024, a cui si deve aggiungere la preoccupazione per l’attuazione degli interventi del Pnrr e sulle Olimpiadi Milano-Cortina. Le mafie si confermano strutture orientate all’erogazione di servizi. Uno schema ricorrente è quello del «soccorso» a imprenditori in crisi di liquidità, con l’obiettivo di subentrare nella proprietà, in un processo che consente sia il riciclo delle disponibilità illecite sia il controllo di fette di mercato. In questi casi, non sempre gli imprenditori che cadono nella rete della ‘ndrangheta sono vittime inconsapevoli: ci sono anche casi di «cecità volontaria».

Nel Nord Italia le inchieste hanno evidenziato tentativi di infiltrazione nei settori turistico/alberghiero, edile, della ristorazione, degli autotrasporti locali, del commercio di prodotti petroliferi e lubrificanti, dei prodotti tecnologici, delle materie plastiche e della gestione dell’intera filiera dei rifiuti. Cruciali sono i cosiddetti «legami a ponte» instaurati con politici, amministratori locali, imprenditori e professionisti conniventi o collusi. Ovviamente non meno rilevanti sono le attività – fuori dalla Sicilia – legate a Cosa nostra, così come ad organizzazioni quali camorra o le cosche pugliesi, tra camorra barese, mafie foggiane e la sacra corona unita.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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