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Fonderie San Zeno, la crisi erode solo i ricavi

Nel 2009 il fatturato passa da 19 a 15 milioni, ma l'utile di 1,9 milioni supera quello del 2008.
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SAN ZENO
Fonderia felix. La Fonderie di San Zeno sta bypassando la crisi pressochè indenne. I bilanci dei due ultimi esercizi infatti, 2008 e 2009, sono pressochè similari nei rendimenti, salvo i ricavi che ovviamente sono diminuiti anno su anno e i costi di materie prime che sono altrettanto calati. Un bel bilancio, dunque, pur in presenza di una flessione del fatturato, dai 19 milioni del 2008 ai 15 milioni del 2009, e pur spesando gli stessi ammortamenti, circa 600mila euro sia nel 2008 che nel 2009, ma facendo grosse economie sui costi esterni quali materie prime e servizi, passati da 13,2 milioni del 2008 agli 8,7 milioni del 2009. Risultato: la società ha mantenuto inalterato il Mol (margine operativo lordo ossia l'Ebitda cioè l'utile prima degli oneri, tasse, ammortamenti e svalutazioni) a 3,2 milioni.
Idem per l'Ebit, ossia l'utile prima di oneri e tasse esclusi gli ammortamenti, a 2,6 milioni sia nel 2008 che nel 2009. Infine ha chiuso con un utile netto, dopo tasse per 951mila euro, addirittura superiore nel 2009 (1,9 milioni) rispetto al 2008 che chiuse con 1,8 milioni di euro.
Il cash flow, utile netto più ammortamenti ossia la liquidità reale prodotta dalla gestione, è costante a 2,6 milioni di euro, mentre la differenza tra valore e costi della produzione resta pressochè invariata nei due ultimi esercizi con un saldo positivo di 2,7 milioni di euro.
Se c'è un bilancio che riflette l'equilibrio e la sensata oculatezza dei titolari, questo è il rendiconto 2009 della Fonderie di San Zeno. Azienda familiare e cultura familista ma formazione manageriale. Nel Cda infatti, insieme ai due inseparabili soci di riferimento - Piero Piccioli e Silvano Antonini - siedono i loro familiari e sodali (tutti laureati, per dire che la cultura manageriale non è un optional): Carlotta, Vanessa e Carlo Antonini, oltre a Cesare Scazzosi, Mario Finardi e Alberico Bellicini. Perchè parliamo di sensata oculatezza? Prima di tutto per la assenza del debito (il debito, fisiologico ovviamente, se c'è è bene ma se non c'è è meglio, molto meglio). La Fonderie di San Zeno, infatti, non ha debiti con le banche e quindi non deve sopportare oneri finanziari ma incassare proventi, sia pure nella modesta misura di 40mila euro.
Ha invece una liquidità «pura» tra depositi bancari e postali di 2,1 milioni di euro. Il che rende positiva la posizione finanziaria netta per quasi 2 milioni (quella a breve per 2,1 milioni).
Il patrimonio netto migliora passando da 6,3 a 8 milioni di euro, con un indice primario di struttura (il rapporto tra patrimonio netto e immobilizzi, cioè investimenti, ammortizzati per 3,8 milioni) pari al doppio dell'unità. Ancor meglio il margine secondario di struttura con un saldo positivo di 5,6 milioni. Prospettive 2010? Non positive. La Relazione spiega infatti come nell'ultimo trimestre del 2009 si è verificato un calo delle commesse proseguito anche nel 2010. Dal che si prevede un 2010 in flessione rispetto al 2009.
Continua però la penetrazione nei mercati emergenti e in via di sviluppo, dove c'è domanda ma dove i prezzi, non essendo remunerativi, non permettono sensibili margini di redditività. Ma c'è da pensare che la Fonderie di San Zeno, grazie a Piccioli e Antonini, come la omologa sorella Nuove Fonderie di Castenedolo, saprà bypassare anche un 2010 non esaltante.
Alessandro Cheula

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