Un ginocchio bionico «parlante»

Un ginocchio bionico «parlante», o meglio, il prototipo di una protesi di ginocchio con sensori interni capaci di misurare (e comunicare) il grado di usura di alcune sue parti e che, in più, sfrutta il movimento del corpo, per ricavare l'energia necessaria al funzionamento del sistema.
Un progetto complesso, sviluppato alla Facoltà di Ingegneria dell'Università di Brescia, che negli ultimi anni ha coinvolto via via dottorandi, ricercatori e docenti, e che attualmente viene seguito per un aspetto particolare da Vincenzo Luciano, al secondo anno del corso di Dottorato di Ricerca in «Meccatronica, Informazione, Tecnologie Innovative e Metodi Matematici» dell'Università di Bergamo, del quale il nostro Ateneo è sede consorziata.
Vincenzo, supportato dal Gruppo di ricerca sensori biomedicali, sta studiando il modo di rendere completamente autonomi da pile o altre fonti energetiche esterne, i sensori interni al prototipo della protesi. Aggiungendo così un nuovo tassello alla ricerca sviluppata da Mauro Serpelloni, ex dottorando della Facoltà di Ingegneria di Brescia e oggi ricercatore.
Mauro ha progettato il prototipo di una protesi di ginocchio dotata di sensori in grado di misurarne l'usura. Un dispositivo di grande utilità, per valutare l'effetto delle sollecitazioni che il peso dell'organismo e i movimenti articolari creano sul piatto tibiale artificiale. «Oggi la valutazione del grado di deterioramento di questa parte della protesi, solitamente realizzata in polietilene, avviene a posteriori - spiega Mauro Serpelloni -. Quando il paziente avverte dolore. Per avere invece informazioni più tempestive, abbiamo progettato dei sensori inseriti nel piatto tibiale artificiale, grazie ai quali si potranno analizzare precocemente i sovraccarichi, leggendo una serie di misure da remoto». L'alimentazione energetica per il funzionamento dei sensori viene fornita da una debole tensione elettrica, applicata a uno speciale tutore indossato dal paziente. Tuttavia la necessità di un dispositivo di alimentazione esterno alla protesi, circoscrive le possibilità di impiego dei sensori alle fasi di riabilitazione post-operatoria o a test eseguiti per valutare situazioni particolari.
Ora il Gruppo di ricerca vuole andare oltre e, per seguire le condizioni della protesi in ogni momento, vuole rendere i sensori funzionanti anche senza l'ausilio del tutore. «Per fare ciò - dice Vincenzo - stiamo studiando il modo per alimentare i sensori, trasformando il movimento del ginocchio in elettricità».
Ed è proprio di questo che si sta occupando Vincenzo Luciano nell'ambito del lavoro di ricerca. L'equipe ha scelto di utilizzare dei piccoli magneti, introdotti nei condili in titanio della protesi. Durante il movimento di flesso-estensione del ginocchio, le piccole calamite inducono un campo magnetico che genera (grazie a una bobina) l'energia elettrica che alimenta i sensori. «Oggi i dispositivi impiantabili nel corpo umano sono numerosi - dice Vincenzo -. Il nostro dispositivo potrà aprire la strada a nuove applicazioni».
Se volete approfondire l'argomento, potete leggere l'articolo, corredato da contenuti originali forniti dal gruppo di ricerca, su www.sitoi.it. O contattare Vincenzo, scrivendo una e-mail all'indirizzo vincenzo.luciano@ing.unibs.it
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