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Lucefin, coesione per crescere

Nell'anno della crisi il gruppo di Esine ha investito 11,2 milioni non solo nella siderurgia. Il fatturato è calato da 224 a 121 milioni di euro e l'utile è passato da 15 a 4,9 milioni.
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ESINE
Il gruppo Lucefin di Esine applica in azienda, facendone un imperativo, lo slogan «Coesione per crescere», proposto per l'economia italiana da Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria. Col risultato di aver investito 11,2 milioni nel 2009, l'anno peggiore della crisi, di cui 5 milioni nella produzione dei trafilati a freddo dell'acciaio e 4,4 milioni nelle strutture commerciali e logistiche.
Investimenti come terapia
Investimenti come terapia e antidoto contro la crisi, nonostante il fatturato calato da 224 a 121 milioni, di cui il 40% all'estero in 40 Paesi, e l'utile netto passato da 15 a 4,9 milioni, dopo tasse per 1,8 milioni e ammortamenti pieni per 4,6 milioni.
Tutto con il coinvolgimento degli istituti di credito, che nel caso di specie non sono solo finanziatori ma partner finanziari. Investimenti non solo nella siderurgia dei trafilati a freddo, compreso quelli inox con l'acquisizione della Trafitec di Milano che si affianca a Trafilix e Tre Valli Acciai di Esine e Trafilczech di Kladno in Repubblica Ceca (un esempio di internazionalizzazione). Ma investimenti (28 milioni nell'esercizio precedente, il 2008) anche nella logistica lungo il Corridoio 5 dell'Alta Velocità (Crescentino nell'ex area Fiat da 500mila metri quadrati dove sorgerà il primo impianto italiano per la produzione di bioetanolo, e Orbassano su 24mila metri quadrati), nell'automazione industriale (Matters e Prae), nelle fonti rinnovabili dell'energia elettrica (Selca) e del fotovoltaico (Comet) di ultima generazione (films di silicio amorfo). Infine nella comunicazione sistemica, ma sarebbe il caso di dire «scientifica» per la metodica di cui si avvale, con la società Parlotriplo.
Comunicazione sistemica
Un esempio di riuscita comunicazione il gruppo Lucefin di Esine l'ha dato ieri mattina presentando al Castello Oldofredi di Iseo il bilancio consolidato 2009. Il fondatore e presidente, Luigi Buzzi, in sala tra gli invitati; al tavolo dei relatori il figlio Giorgio con quattro manager: Alberto Berlinghieri per la finanza, Massimo Sperto per la comunicazione, Germano Fedriga per l'amministrazione, Paolo Rossini per il commerciale.
Ne è uscita un'illustrazione vivace insieme puntuale non solo delle cifre ma anche della «cifra», ovvero la filosofia aziendale. Tra le prime quasi 100 milioni di patrimonio netto, più 17 milioni di obbligazioni dei soci, che coprono 106 milioni di immobilizzi tecnici; 54 milioni le partecipazioni finanziarie e 241 milioni il capitale investito (mezzi propri per 117 milioni e mezzi altrui, le banche ossia la posizione finanziaria netta, per 124 milioni).
Prospettive 2010? «L'esercizio è partito bene - ha detto Luigi Buzzi, dopo aver ringraziato Adele Bonfadini, responsabile dei rapporti con le banche - con un incremento dei volumi del 44%; stiamo tornando ai livelli del 2007, non del 2008 perchè quello è stato un esercizio anomalo per la sua eccezionalità». Ma la parte più efficace del discorso di Buzzi è stato l'omaggio alla nuova figura dell'imprenditore. «Il grande industriale di una volta, figura benemerita, è finito, da solo non ce la fa più, ciò che serve è il gruppo manageriale». E la sua difesa nei confronti delle banche. «Devono passare da meri finanziatori a partner finanziari, saper valutare non solo i numeri ma l'imprenditore, le cui capacità e complessità non sono riducibili alle sole cifre, per quanto importanti: noi imprenditori, quando veniamo equiparati ai numeri o incapsulati nelle cifre, credetemi, ci sentiamo umiliati». Ma, sopratutto, «le banche devono credere nell'impresa e aiutare l'imprenditore meritevole». Il passaggio del testimone al figlio Giorgio e ai suoi manager, non ancora formalizzato, può dirsi ormai un fatto compiuto. A conferma del fatto che la struttura familiare può interagire con la cultura manageriale. Coesione per crescere.
Alessandro Cheula

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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