Mollo tutto per fare la mamma

Mi sembra di vederla Sara, con il camice bianco aperto e le lacrime agli occhi, mentre preme enter e invia la stessa email ai suoi assistiti. La piccola ruga sulla fronte si allenta, il dado è tratto, non può più tornare indietro. Non è stato un colpo di testa, la decisione di cedere lo studio dove riceve come medico di base è stata sofferta, il pensiero di farlo la tormentava da tempo. Ha messo in fila i pro e i contro, modificando il testo diverse volte per trovare le parole appropriate. Le è servita una quantità di coraggio pari al numero dei tanti visi conosciuti, con i quali aveva aperto relazioni di fiducia «entrando nelle loro case e nelle loro vite, condividendo alcune gioie e tanto dolore».
Non ha tenuto conto degli anni spesi sui libri per conseguire quella pergamena appesa alla parete dietro la sua scrivania. Non partirà per una lunga vacanza e non intende neppure trasferirsi all’estero attirata da vantaggiosi contratti.
In sintesi, ha vinto la voglia di fare la mamma e il desiderio di accompagnare le bambine nella crescita, dedicando loro le sue energie migliori. Ha compreso inoltre che «la Cura richiede tempo, attenzione alla globalità della persona e anche la conoscenza di rimedi diversi da poter integrare eventualmente ai farmaci».
Dopo aver compiuto studi sulla Medicina non convenzionale, la visione tradizionale della professione non si allinea più all’idea di cura che ha in mente. Forse alcuni pazienti hanno pensato con apprensione solo al bisogno delle ricette e si sono tranquillizzati conoscendo il nome della sua sostituta.
È probabile siano indifferenti anche alle ragioni che l’hanno spinta ad abbandonare un ruolo essenziale nella società, non sapendo quanto i sanitari stanchi e svuotati siano colpiti da burnout e diventino un bersaglio dello scontento. È lo scollamento fra i tempi di vita e il giuramento di Ippocrate a mostrare un rapporto divenuto liquido anche fra medici e ammalati, in un sistema di relazioni umane diluite dall’informatica e dalla burocrazia.
La dottoressa Sara è solo uno dei sassolini di quella montagna di individui che, sentendosi come polli allevati in batteria, scelgono di uscire dalle gabbie sociali. Non deve temere il giudizio poiché chi da ascolto alla sua vita, mettendo ordine nella propria confusione, non sbaglia mai. Nel cambiamento raramente si trova il paradiso, se non altro non è più necessario dare spiegazioni.
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