Al femminile

La modella Emily Pellegrini mostra il maschilismo dell’intelligenza artificiale

Se Vip e calciatori l’hanno invitata a cena e sono rimasti con un palmo di naso, in me è nata una profonda delusione sull’uso della tecnologia
L'influencer Emily Pellegrini creata con l'intelligenza artificiale - Foto Instagram
L'influencer Emily Pellegrini creata con l'intelligenza artificiale - Foto Instagram
AA

Il fatto che la modella influencer Emily Pellegrini sia stata creata dall’Intelligenza Artificiale non è un pensiero che mi tiene sveglia la notte. Mi ricorda il film «Simone» con Al Pacino, ma l’attrice virtuale in quella circostanza non fa esattamente una bella fine. Adesso ne parlano quasi fosse un’altra pecora Dolly, ma se da un lato si può trovare una similitudine dall’altro qualche dubbio etico dovremmo farcelo venire.

Un personaggio creato dal nulla da esperti informatici preoccupa i nuovi Dei che prosperano nell’Olimpo del Web. Sono parecchi gli influencer che potrebbero essere sostituiti da ologrammi e temono di tornare a guadagnare la pagnotta con il sudore della fronte. Il popolo della Rete usa il senso critico a fasi alterne. Il dubbio sull'intelligenza artificiale dovrebbe essere contemplato dalla legge anche in casi come questo, se riguarda la creazione di una procace figliola che appare molto più reale che virtuale.

Se Vip e calciatori l’hanno invitata a cena e sono rimasti con un palmo di naso, in me invece è nata una profonda delusione sull’uso della tecnologia che allo stato segue regole neppure approssimative. 

Al contrario, la scoperta che nei circuiti dei microprocessori intelligenti siano registrati i cliché più avvilenti sulle donne lascia senza parole. In poche immagini sono stati vanificati anni di battaglie femministe, ignorate donne alla guida di aziende e di governi, lauree con lode in ingegneria e medicina. 
È incredibile che l’intelligenza artificiale venga impiegata per elaborare un’immagine instagrammabile, poco vestita, con enormi seni rifatti e glutei ballonzolanti, tipica della migliore produzione per calendari in mostra nelle cabine dei camion. 

Provo una certa curiosità verso il creatore del software. Di lui appare evidente la sua predilezione verso canoni in odore di maschilismo che risultano offensivi e sminuiscono anche gli uomini poiché, grazie al cielo, non tutti valutano le donne in base al loro fondoschiena o dalla taglia del reggiseno.
Il nodo principale della questione è la mancanza di rispetto presente nei dati da elaborare dalla macchina inseriti dall’uomo. Non è colpa del computer, l’asino «butta danari» solo se è nutrito di monete. 

Con l’auspicio che Emily sia una ragazza in carne e ossa e non un nuovo tamagotchi per il mercato della solitudine, non ci resta che sperare in una seria regolamentazione per chi investe in una società costruita sulle illusioni, troppo simile a quella lastricata di buone intenzioni.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia