Un immenso cantiere: Brescia nella seconda metà degli anni Duemila

Un grande cantiere. Reale e metaforico. Così si potrebbe rappresentare il Bresciano nella fase di transizione della seconda metà degli anni Duemila. Un periodo segnato da grandi interventi infrastrutturali, come pure da rinnovati sforzi per esaltare la vocazione culturale e turistica del territorio, a ribadire le legittime ambizioni metropolitane della Leonessa. Con una sostanziale cesura, l’annus horribilis 2008: quello della crisi mondiale del crack Lehman Brothers, che nel Bresciano si annuncia anche prima del terribile 15 settembre. Già a fine luglio, infatti, il GdB registra frenata e allarme dell’allora Aib.
Tangenziale Sud: terza corsia
Il più evidente tra gli interventi infrastrutturali, è l’ampliamento della tangenziale Sud. Un’arteria cardine, andata assorbendo flussi di traffico via via crescenti non solo lungo l’asse est-ovest della città, ma anche quale innesto chiave per quanti dalla Bassa si recano a Brescia. La necessità di ampliarla nei 5,6 km del tratto urbano, Brescia Centro e Brescia Ovest, si traduce nella realizzazione della terza corsia, un intervento da 90 milioni di euro (erogati per i due terzi da Regione, il resto dallo Stato, con un abbuono di 10 per la fine lavori anticipata di due mesi), come ricorda il GdB dell’8 novembre 2008, il giorno dopo l’inaugurazione.
Primo sostenitore è l’allora assessore provinciale ai Lavori pubblici Mauro Parolini (giunta Cavalli), mentre il punto nevralgico che assurge a simbolo della riqualificazione è lo snodo «dell’Eib»: intersezione da sempre fonte di intasamenti ben noti ai pendolari, diviene un sistema di rampe multipiano che snellisce non poco il traffico. L’opera trasforma la Sud nella sola extraurbana principale bresciana (su cui si viaggia fino a 110 km/h) e getta le basi per l’allacciamento la Brebemi, cui il Cipe ha dato l’ok il 29 luglio 2005.
Si lavora per la metro
Anche il cuore della Leonessa è sotto ai ferri: una vasta «L» di cantieri attraversa la città, in molti casi con ripercussioni pesanti per gli spostamenti. Un sacrificio che guarda alla mobilità di domani (cioè di oggi...): si lavora infatti alla realizzazione della metropolitana leggera. Posata la prima pietra nel 2003 a Mompiano, per dieci anni si declina una ciclopica opera ingegneristica, di cui il GdB racconta passo passo lo stato dell’arte, l’avanzamento dei singoli cantieri (non senza criticità, infortuni mortali compresi), l’opera nel sottosuolo della mastodontica Tbm (acronimo di Tunnel boring machine), quella «talpa» lunga 130 metri che, tra il 2006 e il 2009, scava e realizza inosservata i tunnel lungo 5,9 dei 13,7 km di tracciato.
Nasce Sanpolino

L’opera è stata concepita per raggiungere anche la più recente tra le periferie: Sanpolino. Il quartiere, varato sulla carta agli inizi del Duemila dalla giunta Corsini, viene realizzato proprio fra il 2005 e il 2008, con una previsione di 1.900 alloggi (improntati a logiche di sostenibilità energetica), il che ne fa il principale intervento di edilizia economica popolare degli ultimi decenni, accanto al quasi coevo intervento al Violino. «Con 138 famiglie di “pionieri” incomincia a vivere il quartiere della zona est» scrive il GdB il 25 luglio 2007, salutando i primi traslochi. Gli inizi non sono semplici: l’assenza di molti servizi, a lungo stigmatizzata dai residenti sarà superata in parte anche grazie all’arrivo della metro, che ridurrà la distanza tra Sanpolino e il centro.
Il Tarello e il verde
Il quartiere, complice la collocazione su un’area in precedenza agricola, è sviluppato con vasti spazi verdi, cifra anche di una rinnovata attenzione all’ambiente urbano. E di un nuovo polmone green si dota anche Brescia Due: ai piedi del cavalcavia Kennedy il 26 giugno 2007 viene inaugurato il Tarello, il più vasto parco urbano con i suoi 10 ettari di prato. Previsto sin dagli anni ‘80 e intitolato, come il vicino Parco Gallo, a un agronomo bresciano (Camillo Tarello), accoglie circa 12mila tra piantine, essenze e alberi, cifra di uno sviluppo che può essere sostenibile anche all’ombra delle torri dirigenziali del business. Nello stesso anno la Loggia farà suoi l’ex Polveriera e Campo Marte acquistati dal Demanio Difesa.

Il Freccia Rossa
Il 22 aprile 2008 è la data che segna la conclusione del primo step della riconversione di un’area industriale oramai dismessa. Viene inaugurato il centro commerciale Freccia Rossa. Preceduto da polemiche, specie dei commercianti del centro che ne temono l’impatto, il complesso sorge dove si ergevano gli stabilimenti delle Officine metallurgiche Togni, poi Atb, quindi Bisider, dei quali ricalcano le forme. Si tratta del primo intervento di risanamento del Comparto Milano (tuttora incompleto), che riguarda un’area di 30mila mq, come ricorda il GdB nei giorni dell’apertura, e che ha comportato un investimento privato di 140 milioni di euro.
Cinema, supermercato, ristoranti, galleria commerciale a più piani con 119 attività, il tutto condito dal mito della Mille Miglia, evocato nel nome e nelle finiture: l’opera lascia sperare in prospettive rosee. Smentite: il centro chiude i battenti dopo le defezioni commerciali plurime, complici la difficile tenuta economica con l’avvento di Elnòs e il colpo di grazia del lockdown pandemico. Il 2023 è l’anno della chiusura, con il conseguente degrado. Ora, rilevato dalla bresciana MyCredit, è in attesa di un nuovo futuro.
Nasce A2A
Tra ruspe e gru, c’è pure un progetto di altra natura. Il cantiere è, per così dire, societario. In un contesto di economie di scala, per la bresciana Asm (fondata nel 1908 per la gestione di tram e fabbrica del ghiaccio, poi divenuta cardine di un’ampia rosa di servizi, incluso il teleriscaldamento di cui è stata alfiere in Italia) e la omologa milanese Aem, arriva l’ora della fusione. Un passaggio sofferto – vuoi per un pizzico di campanilismo, vuoi per il timore di restare schiacciati dalla componente meneghina – che si traduce il 22 ottobre 2007 nel nulla osta «simultaneo» alla fusione delle due assemblee.
Un’operazione da cui nasce la più grande multiutility italiana e che mette nella cassaforte dei due municipi, forti ciascuno di un 27,5% delle quote, la gestione dei servizi a fronte di un potenziale di mercato difficilmente ingaggiabile da player di dimensioni più piccole. Gli auspici del primo presidente del Consiglio di gestione Giuliano Zuccoli erano di ulteriore crescita, come riportava il GdB: «Il progetto che ci auguriamo di portare avanti prevede una costante crescita: il nome potrà diventare A3A, A4A e così via». Il nome non è variato, a cambiare sarà piuttosto la governance duale, abbandonata nel 2014. Ma la crescita c’è stata sotto molti profili. Basti pensare che gli allora 7.300 dipendenti sono oggi circa 13mila.
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