Accadde oggi: il 12 maggio 1983 da Brescia non partì il Giro d’Italia

Il Giro d’Italia è appena partito da Durazzo e il pensiero non può non tornare a quando il Giro… non partì da Brescia. Era il 12 maggio 1983. Il prologo a cronometro della corsa rosa doveva prendere il via da piazza Loggia. Ma venne annullato a causa del protrarsi, al di là delle intese e delle previsioni, di una manifestazione sindacale promossa dalla Federazione dei lavoratori metalmeccanici (Flm). Lo racconta il GdB del giorno dopo, che – cosa eccezionale per l’epoca – riserva alla notizia l’apertura della prima pagina, parlando di «figuraccia per Brescia», accanto ad un editoriale a firma del l'allora direttore Gian Battista Lanzani dal titolo inequivocabile: «Meritano la maglia nera».

La cronaca della piazza (di Marco Bertoldi) ripercorre il corteo degli operai, in attesa di rinnovo del contratto nazionale da 18 mesi, con la concordata lettura di un comunicato sindacale e un previsto ritardo al via della corsa rosa di 15 minuti. Simbolici ma negli auspici di grande impatto mediatico. La scelta di bloccare a oltranza la piazza – ricondotta dagli stessi sindacalisti a un centinaio di facinorosi «esterni al sindacato», «facce mai viste» – porta con sé l’annullamento del prologo, nonostante il vano tentativo di risolvere la situazione del campionissimo Francesco Moser, con lo scoramento del patron della gara Torriani.

Chi c’era ricorda di un furibondo Bruno Boni, allora presidente della Provincia e mediatore di giornata, che inveisce contro uno dei delegati sindacali, in dialetto, come talvolta gli accadeva quando il nervosismo travalicava: «Sirem mia decórde isé!». I risvolti sindacali, nella pagina economica – in cui campeggia la foto di un giovane Moser accanto ad uno sconfortato Aldo Rebecchi, allora segretario Cgil –, sono affidati alla penna di Gianfranco Bertoli, che alla delusione dei vertici, ai mea culpa per la situazione sfuggita di mano e per il temuto contraccolpo nell’opinione pubblica, e alle divergenze fra le anime della Flm (la Fim-Cisl, la Fiom-Cgil e la Uilm), dà cornice con il desolante affresco: «Un’ora dopo il “fattaccio”, la sede della Flm (...) aveva l’aspetto del quartier generale d’un esercito in rotta».
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