Accadde oggi: il 30 aprile 1975 la caduta di Saigon

Con l’ingresso delle truppe dell’Esercito popolare vietnamita finì un conflitto ventennale
Foto storia: la fuga dall'ambasciata americana © www.giornaledibrescia.it
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Il 30 aprile 1975, le truppe dell’Esercito Popolare del Vietnam facevano il loro ingresso a Saigon, capitale del Vietnam del Sud, ponendo fine a una guerra durata vent’anni e segnando la sconfitta definitiva del regime filoamericano.

Quel giorno, le immagini degli elicotteri che evacuavano gli ultimi funzionari statunitensi dal tetto dell’ambasciata americana fecero il giro del mondo, divenendo il simbolo non solo della disfatta militare degli Stati Uniti, ma anche della crisi morale e strategica di un’intera stagione della Guerra Fredda.

Dietro l’immediatezza iconica di quelle sequenze si cela, tuttavia, un evento cardine del XX secolo, le cui conseguenze continuano a proiettarsi sul presente. La guerra del Vietnam, iniziata formalmente nel 1955 dopo la divisione del paese in seguito agli accordi di Ginevra, fu il frutto di una decolonizzazione incompiuta e dell’escalation ideologica tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il sostegno americano al governo di Saigon – autoritario, impopolare e corrotto – si fondava sulla dottrina del «containment», volta a frenare l’avanzata del comunismo nel Sudest asiatico. Tuttavia, quel sostegno si trasformò rapidamente in un intervento militare diretto, con l’invio progressivo di truppe e mezzi, fino a raggiungere oltre mezzo milione di soldati nel 1969.

I numeri di 20 anni di guerra © www.giornaledibrescia.it
I numeri di 20 anni di guerra © www.giornaledibrescia.it

Il conflitto si rivelò presto una guerra d’attrito senza soluzioni facili. La guerriglia del Fronte di Liberazione Nazionale (Viet Cong), sostenuta dal Nord comunista, si dimostrò capace di resistere a una macchina bellica nettamente superiore, sfruttando sia il terreno sia il sostegno popolare. Sul fronte interno, intanto, gli Stati Uniti affrontavano una crescente opposizione civile e culturale, rendendo insostenibile la prosecuzione del conflitto.

Gli accordi di pace di Parigi del 1973 sancirono il ritiro delle forze americane, ma lasciarono il governo sudvietnamita esposto e fragile. L’offensiva finale del Nord, iniziata a marzo 1975, si concluse in poche settimane: Saigon cadde senza una vera resistenza, mentre l’ultima fase dell’evacuazione americana avveniva in condizioni caotiche. La resa incondizionata del presidente sudvietnamita, Duong Van Minh, segnò la fine della guerra.

L'arrivo delle truppe nordvietnamite © www.giornaledibrescia.it
L'arrivo delle truppe nordvietnamite © www.giornaledibrescia.it

Memoria

La Repubblica Socialista del Vietnam fu proclamata nel 1976, suggellando la riunificazione del paese sotto l’egida del Partito Comunista. La pace, tuttavia, non coincise con la riconciliazione. Il nuovo regime impose un processo di «rieducazione» forzata ai funzionari, militari e intellettuali del Sud; molte proprietà furono confiscate, e l’economia venne riorganizzata secondo modelli collettivisti. A queste trasformazioni si accompagnò un massiccio esodo: centinaia di migliaia di persone fuggirono dal paese in condizioni disperate, dando vita al fenomeno dei boat people. Nacque così una diaspora attiva e politicamente mobilitata, in particolare negli Stati Uniti, che ancora oggi rappresenta un contro-discorso rispetto alla narrazione ufficiale.

Il 30 aprile viene oggi celebrato in Vietnam come Giornata della Riunificazione – festa nazionale che celebra la fine della guerra e l’unità territoriale. Nella diaspora vietnamita, invece, la stessa data è commemorata come Giorno del Dolore o della «perdita del paese». Due memorie, due letture inconciliabili della stessa vicenda storica. La riconciliazione resta parziale, e i conflitti della memoria si riproducono a livello politico, culturale e persino intergenerazionale.

A cinquant’anni di distanza, la guerra del Vietnam continua a esercitare un’influenza profonda. Negli Stati Uniti, ha segnato l’immaginario collettivo e il rapporto tra società civile, media e politica estera. Nel Sud globale, rappresenta un esempio quasi unico di vittoria militare su una superpotenza. Per il Partito Comunista vietnamita, è ancora oggi il fondamento simbolico della legittimità politica, anche se l’apertura economica iniziata negli anni Ottanta ha profondamente trasformato il paese. Il 30 aprile 1975 non sancì solo la fine di un conflitto; fu anche l’inizio di una lunga battaglia sul senso della storia, sul diritto alla memoria e sulla possibilità di costruire un’identità collettiva in un paese segnato da fratture profonde. In un mondo attraversato da nuove guerre, l’eredità del Vietnam resta un banco di prova per comprendere il rapporto tra potere, ideologia e memoria.

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