Respiriamo veleni, è ora di cambiare

AA

Sempre più spesso i giornali, anche quello da lei diretto, concedono sempre più spazio, e risalto, ad un argomento specifico: l'inquinamento dell'aria nella nostra provincia, con particolare riferimento al superamento dei limiti di legge previsti per le poveri fini (Pm10 e Pm2,5), ed altrettanto spazio, ed evidenza, sono riservati agli effetti che questa situazione comporta. Effetti deleteri per l'ambiente e, di conseguenza, per la nostra salute. A questo proposito vorrei esporre alcune considerazioni. Noi tutti, dobbiamo essere coscienti di vivere in un'area (la pianura padana) considerata una tra le tre zone più inquinate del pianeta (con la Cina e l'area industriale tedesca della Ruhr), e che Brescia (nel 2008 la terza peggior città in Europa) non sta meglio di Milano, che è tra le peggiori 5 città al mondo per la qualità dell'aria. In altre parole dobbiamo essere coscienti che, giorno dopo giorno, stiamo «respirando morte». Questa non è una personale, e macabra, considerazione; magari così fosse. Purtroppo, è la presa d'atto di una situazione drammatica, testimoniata dai numeri contenuti nelle statistiche ufficiali, numeri che ci dicono che «dalle nostre parti» ci si ammala di più di tumori, collegati a fattori di inquinamento ambientali, e di più ci si muore. E non serve scomodare esperti, ed organizzazioni, internazionali per sentirci dire che siamo arrivati ad una situazione insostenibile e che è giunto il momento di «invertire la rotta». Basta leggere il rapporto 2010 dell'Agenzia Regionale per la protezione dell'ambiente della Lombardia (Arpa) dove si dice che bisogna ridurre del 50-70% le emissioni inquinanti, presenti in Lombardia nel 2003, per avere una buona probabilità di rimanere sotto la soglia di sicurezza (35 superamenti/anno di 50 microgrammi/m3 di Pm 10). Per attuare tale riduzione, è ormai opinione condivisa che sia necessario ridurre le emissioni derivanti dalla combustione, ed in questa direzione si stanno attuando vari provvedimenti come il blocco del traffico per gli automezzi più inquinanti, i vari bollini per le auto e per gli impianti di riscaldamento, ed il divieto di utilizzo dei caminetti (non certificati). Quindi, si prospettano ai cittadini provvedimenti di blocco del traffico, con relativi disagi, sperando in un effetto benefico, sull'ambiente e sulla salute, di cui dubito molto, viste le precedenti esperienze. «Col blocco domenicale lanciamo un appello educativo, con la circolazione pari o dispari lanciamo un grido d'allarme» dice, forse un po' in ritardo, un autorevole amministratore, ed esponente politico, bresciano. Comunque sia, ritengo che qualsiasi provvedimento che vada nella direzione di un miglioramento della qualità dell'aria, e della vita, debba essere perseguito con convinzione e coerenza. E coerenza vorrebbe che anche altre, e ben più problematiche, fonti di inquinamento, fossero adeguatamente valutate e, altrettanto adeguatamente, contrastate. Mi riferisco alle emissioni degli impianti industriali, ed in particolar modo all'ondata di richieste di autorizzazione per la realizzazione di impianti che, adottando tecnologie diverse, utilizzano la combustione per produrre energia e che, pur essendo a tutti gli effetti degli inceneritori, per non allarmare le popolazioni interessate, vengono chiamati Cogeneratori, Modificatori Molecolari, Termovalorizzatori, Gassificatori, Pirogassificatori, e chi più ne ha più ne metta. Non manca giorno che sui giornali si legga di richieste di questo tipo, per realizzare impianti di varia natura che, utilizzando materiali diversi (spesso da importare), dovrebbero produrre energia pulita, con (dicono i proponenti) ricadute positive sull'ambiente e sulle comunità interessate. Ricordo brevemente alcune richieste per impianti da realizzare a Quinzano, Capriano d/C, Isorella, Castiglione d/S, Castel Goffredo, Bedizzole, ecc. Senza entrare nel merito di ogni singola richiesta, il fattore che le accomuna sono le emissioni che vengono prodotte dalla combustione dei vari materiali, emissioni che, ammesso rientrino nei limiti previsti dalla normativa vigente (cosa difficile da dimostrare concretamente), non migliorano la situazione e la qualità dell'aria. Per questa ragione si sono costituiti Comitati civici che si sono «presi la briga» di valutare i dati forniti dai progettisti (e non solo quelli), ed hanno riscontrato, oltre che molte stranezze, situazioni paradossali come il fatto che avere vicino un impianto simile è come avere sotto casa centinaia di camion con i motori accesi per 24 ore al giorno per tutti i giorni dell'anno, o che questo equivale alle emissioni di migliaia di impianti di riscaldamento. A questo punto è facile tirare le somme, fare un bilancio. Da una parte questa situazione provocherà un forte peggioramento della qualità dell'aria, e della vita, con significative ripercussioni negative sulla nostra salute ed un'inevitabile impennata delle malattie, e dei decessi, collegati all'inquinamento atmosferico. Dall'altra, questo, poco si concilia con i soldi pubblici spesi per incentivare il rinnovo/ricambio degli autoveicoli, e delle caldaie per il riscaldamento, e con i provvedimenti di limitazione della circolazione che le Pubbliche amministrazioni competenti (Regione, Provincia e Comuni) adotteranno. Inoltre, incentivare la produzione di energia elettrica tramite combustione, limita le risorse che andrebbero, ancor di più, destinate alla realizzazione di impianti che producono energia utilizzando il sole (solare fotovoltaico e termico), l'acqua (idroelettrico), il vento (eolico) oltre che l'energia geotermica ricavata dal sottosuolo ed il moto ondoso del mare. Ritengo che sia questo «il fronte» su cui i cittadini dovrebbero concentrare la loro attenzione, e la loro mobilitazione, e su cui richiamare l'attenzione, e l'impegno, delle varie Amministrazioni pubbliche e dei «politici» che le rappresentano, indistintamente dalla loro collocazione e/o colorazione. Ne va di mezzo la salute e la vita, nostra e dei nostri figli. Concludo con un appello: cari politici, è ora di cambiare aria.

Ivan Facchetti
Bedizzole

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia