Cultura

La Ruina: «La liberazione di dire mamma sono gay»

Dopo la lettura per Wonderland lo spettacolo «Masculu e fìammina», è all'Odeon di Lumezzane in forma completa
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«Il protagonista va tutti i giorni al cimitero a trovare la mamma ormai scomparsa. Le parla, come si usa ancora oggi nel Meridione. Un giorno nevoso, trova il coraggio di confidarle quello che lei aveva già intuito: la propria omosessualità, la propria vita, i propri amori. Tutto in un dialetto non stretto, comprensibile. L’italiano non andrebbe bene, perché non è la lingua del cuore e perché la madre, che ha solo la terza elementare, non capirebbe».

Così Saverio La Ruina, autore e interprete, vincitore di 4 premi Ubu (l’Oscar del teatro), spiega il suo nuovo spettacolo, «Masculu e fìammina», che porterà, al debutto nel Bresciano dopodomani, giovedì, alle 20.45 al teatro Odeon di Lumezzane (via Marconi, biglietti a 10 euro, 8 euro i ridotti; info 030/820162, www.teatro-odeon.it).

In forma di lettura questo testo era arrivato a Brescia a dicembre al Festival Wonderland. «Sì - conferma l’attore di Castrovillari (Cosenza) -, poco prima del debutto al "Piccolo" di Milano. Ora chiaramente lo spettacolo è completo, nell’interpretazione, nei gesti, nella scenografia. All’Odeon è l’ennesimo ritorno: ringraziando l’amico Vittorio Pedrali (direttore artistico, ndr), mi sono fatto un mio pubblico, piacevole da rivedere».

Quali sono stati i commenti degli spettatori?
Le risposte sono state molto interessanti. In diversi mi hanno detto, come ad esempio una coppia venuta apposta da Genova a Milano: «Questo spettacolo deve essere visto». L’aver narrato di un omosessuale senza rivendicazioni, ma mettendo in scena la sua storia e i suoi sentimenti di persona semplice, è stata una scelta apprezzata. Certo sarebbe bello non dirle neanche queste cose, ma non possiamo far finta che le discriminazioni non esistano, sia nel Sud, dove ci sono più pregiudizi, ma anche contesti più protetti; sia nelle grandi metropoli, pure del Nord, dove purtroppo ci sono ancora anche atti di violenza o bullismo nei confronti dei gay.

I suoi spettacoli sono stati rappresentati, e tradotti, in vari Paesi del mondo, sarà così anche per questo?
Penso di sì, mi sto già accordando con le traduttrici francesi, che hanno lavorato sui miei testi precedenti. Sono andato nei posti più impensati, in particolare con «Dissonarata», mia prima pièce di successo, dalla Russia al Sud America, a Sarajevo, alla Germania. La soddisfazione è stata vederla apprezzata come in Italia, seppure recitata in calabrese e con i sottotitoli. Anche il mio lavoro in italiano, «Polvere», che parla della violenza sulle donne, è arrivato all’estero, negli Stati Uniti.

Tornando invece allo spettacolo di giovedì...
Penso che parlare con la madre, la persona più importante della sua vita, della sua omosessualità, per questo gay quasi anziano, 60enne, sia una grande liberazione: l’accettazione da parte della famiglia è il primo passo per essere sereni. 

 

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