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Italia-Tonga davanti a un Rigamonti straripante

Dalle 15 il primo test match degli azzurri. Il capitano Parisse: «Dobbiamo imporre il nostro giovo agli isolani».
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Abbiamo festeggiato i tongani, abbiamo offerto loro amicizia e denaro (la Ghial), gli abbiamo promesso rapporti istituzionali più stretti e scambi di tecnici e, magari, di giocatori. Adesso, però, dopo tanti sorrisi e strette di mano, dobbiamo batterli. È un po' come la corrida, dove il toro viene allevato, curato e preparato per la gloria del matador: più il toro è pericoloso più il torero potrà farsi vanto di averlo infilzato.  Ma ci staranno i tongani a fare la parte del toro?
Le loro qualità sono indiscutibili, il loro estro tanto proverbiale quanto la loro spensieratezza (sì proprio nell'accezione che una settimana fa ha fatto andare su tutte le furie Stramaccioni dell'Inter…).

I tongani sul campo di rugby fanno e disfano, inventano e regalano: un anno fa a Wellington misero la Francia con le chiappe a terra («il più deludente incontro dei francesi in un mondiale» scrisse qualche giornale d'Oltralpe), ma dovevano fare almeno quattro mete e riuscirono a realizzarne una soltanto, altre cinque le buttarono al vento e, alla fine, il successo degli isolani valse alla Francia la più rocambolesca qualificazione ai quarti della sua storia, mentre ai vincitori toccarono pacche sulle spalle, applausi e il biglietto per tornare a casa, eliminati.

Stavolta però non ci saranno classifiche e calcoli, basterà vincere, anche se sarebbe meglio non di un punto solo.  I francesi sottovalutarono la pericolosità di Tonga e i trequarti delle «aquile di mare» fecero a fette la difesa di Rougerie e Mermoz.

Gli Azzurri sono ben consapevoli di quel pericolo e ieri il capitano Sergio Parisse ha tradotto in parole quella che sarà la tattica dell'Italia, secondo un principio banale ma efficace: se la palla ce l'abbiamo noi, gli altri difficilmente potranno giocare.  «Abbiamo guardato e riguardato le statistiche delle nostre ultime partite e abbiamo visto che perdiamo troppi palloni per essere competitivi a livello internazionale. Pertanto abbiamo lavorato sul mantenimento del possesso, dobbiamo insistere con più fasi, anche a costo di non avanzare molto, avendo la pazienza di aspettare che loro sbaglino, o commettano un fallo che ci dia la possibilità di calciare fra i pali. Proprio qualche giorno fa ho rivisto la nostra partita di Modena, contro le Fiji, due anni fa, un avversario per qualche verso simile a Tonga. Fu un match duro, molto combattuto, e alle fine vincemmo grazie a otto calci di punizione. Questo vuol dire saper aspettare».

In questa chiave, importantissimo sarò il lavoro della mischia, dove Cittadini è stato preferito come titolare a Castrogiovanni. La mischia dovrà privare Tonga della base da cui lanciare i propri attacchi: i tongani sono temibilissimi in campo aperto, sanno muovere il pallone e dare velocità all'azione come pochi. Ma senza palla, o costretti a indietreggiare nemmeno loro possono fare miracoli.

«Abbiamo lavorato sugli ingaggi delle prime linee - ha spiegato Parisse - perché sappiamo che l'arbitro (l'inglese Garner, ndr) scandisce tempi molto rapidi e non vogliamo subire l'impatto di una squadra pesante».  Dieci quindicesimi della formazione azzurra sono giocatori del Treviso, in pratica l'intera linea arretrata, meno Masi, mentre in mischia, gli «intrusi» (ma che intrusi!) sono Lo Cicero del Racing Parigi, Furno del Narbonne, Geldenhuys, unica Zebra della formazione titolare, e Parisse, capitano dello Stade Francais.
Ai tongani abbiamo offerto anche una settimana di tempo straordinario, ma oggi il meteo dice che pioverà. Il che è meglio per noi. Amici sì, ma fino a un certo punto.

Gianluca Barca

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