Sport

Il "Rigamonti" compie mezzo secolo

C'è chi lo ama e chi non lo sopporta più; chi non vede l'ora di andarsene a giocare da un'altra parte e chi ritiene che, con le dovute modifiche, questo debba rimanere lo stadio di Brescia e del Brescia. Di certo è uno degli impianti più obsoleti, fra quelli che ospitano il calcio ad un certo livello. Ma lo è proprio perché ha una storia.
AA

C'è chi lo ama e chi non lo sopporta più; chi non vede l'ora di andarsene a giocare da un'altra parte e chi ritiene che, con le dovute modifiche, questo debba rimanere lo stadio di Brescia e del Brescia. Di certo è uno degli impianti più obsoleti, fra quelli che ospitano il calcio ad un certo livello. Ma lo è proprio perché ha una storia.

Lo stadio "Mario Rigamonti" di Mompiano compie oggi mezzo secolo. Cinquant'anni esatti sono passati da quel 19 settembre 1959 (era un sabato, come oggi) in cui "uno dei più importanti complessi sportivi d'Italia", come lo definì allora il nostro giornale, veniva inaugurato in pompa magna, con la tradizionale sfilata di autorità civili e religiose: dal sindaco Bruno Boni , che tenne il discorso inaugurale, all'arcivescovo mons. Giacinto Tredici, che impartì la benedizione; dal presidente della Provincia, avv. Stefano Bazoli, dai parlamentari bresciani agli ingegneri Giorgetti e Roncaglia, rispettivamente progettista e realizzatore dell'opera, fisicamente costruita dall'impresa Paterlini e Tonolini, che mandava "in pensione", prendendone peraltro l'intitolazione al centromediano del Grande Torino il vecchio stadio di viale Piave.

Inaugurazione in grande stile

La presentazione della cerimonia e la sua cronaca furono allora affidate dal Giornale di Brescia a due delle firme più prestigiose: Sandro Furlan (che ci ha lasciati da pochi mesi e che ha continuato a scrivere su queste pagine fino all'ultimo) ed Elio Sangiorgi, allora commentatore delle partite del Brescia.

Lo stadio era costato 401 milioni di lire, una cifra decisamente bassa rispetto ai canoni di oggi: secondo i parametri dell'Istat, infatti, corrisponde esattamente a 5.170.025 euro di oggi (anzi, del 2008, per essere pignoli). Tanto per fare un raffronto (ma ovviamente si tratta di due realtà molto diverse, per realizzare l'"Estadio da Luz" di Lisbona, uno degli ultimi costruiti, sono stati spesi circa 130 milioni; ma l'"Emirates" dell'Arsenal ha assorbito 390 milioni di sterline (430 milioni di euro più o meno al cambio attuale).

Quarantamila giornate lavorative

Oggi quella cifra non basterebbe neppure per pagare la semplice manodopera: il "Rigamonti" aveva infatti richiesto circa quarantamila giornate lavorative (38.450, per la precisione) in poco meno di tre anni e mezzo: i lavori erano iniziati il 30 aprile del 1956. E non era solo un campo di calcio, ma anzi faceva degli impianti per l'atletica il suo fiore all'occhiello: "Il terreno di gioco - leggiamo sul giornale di allora - è contornato da una pista podistica larga sette metri e lunga 400, misura olimpica, a sei corsie; dietro le porte del football sono state ricavate due piste con fossa di caduta per il salto in alto, due per il salto in lungo, quattro pedane per i lanci, mentre due pedane di caduta con unica fossa per il salto in lungo ed il salto con l'asta sono state ricavate davanti alle tribune".

Grande impegno poi fu messo nella realizzazione proprio del campo di gioco, che, quello sì, ancor oggi fa in pieno il suo dovere: è uno tra i migliori "fondi" d'Italia, grazie soprattutto ad un drenaggio che è sempre stato un po' il punto forte. In totale i posti a sedere erano 28.270, ma si prevedeva di poter dare accesso addirittura (non sapremmo però dire come) a 45mila persone.

A sostenere le spese fu il Comune, con l'apporto del Coni. Apporto che, tuttavia, non dovette essere così soddisfacente, se è vero che il sindaco Boni, nel giorno dell'inaugurazione, ebbe "spunti vivacemente polemici - si legge nelle cronache - nei confronti dell'attuale meccanismo che regola il credito sportivo". Per la cronaca i 401 milioni furono pagati "in due soluzioni - come spiega il sindaco stesso in un'intervista -: la prima di circa 180 milioni, la seconda di 221, con mutui ottenuti dal Credito sportivo ed ammortizzabili in 15 anni". Un esborso che lo stesso Bruno Boni riteneva comunque abbondantemente remunerativo: "Se si tiene conto che l'area, fra i 67.200 metri quadrati di superficie occupati dallo stadio vero e proprio ed i 28mila destinati al posteggio dei veicoli ammonta a 95.200 metri quadrati, il costo al metro quadrato dell'opera si aggira, mediamente, sulle 425 lire. Si tenga conto che l'area è costata a suo tempo 40 milioni di lire e che attualmente, con la forte rivalutazione, il suo valore tocca i 500 milioni. Vorrei dire - continuava lo storico primo cittadino di Brescia - che questo può inserirsi nella rosa dei primi campi d'Italia, anche se l'orgoglio di primo cittadino e di sportivo rischia di far velo alla mia affermazione".

Una nota di azzurro

Ad uno stadio "da serie A", lamentò allora l'intervistatore, non corrispondeva una squadra all'altezza (il Brescia, infatti, navigava piuttosto anonimamente in B) già dal campionato 1947-48 e sarebbe rimasto fino al 1965, anno della sospirata promozione. Insomma un lunghissimo "purgatorio". Ma forse è meglio non agitare il coltello nella piaga.

Ricordiamo invece quello che forse rimane il momento più bello: la partita della Nazionale maggiore di Azeglio Vicini contro il Galles, giocata appunto a Mompiano il 4 giugno del 1988, ultimo test azzurro prima degli Europei, poi vinti dall'Olanda. Andarono male sia la partita (gol di Rush e gallesi vittoriosi 1-0) sia il successivo torneo continentale. Ma di certo no fu colpa del "Rigamonti".

Giuseppe Antonioli

© www.giornaledibrescia.it

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia