La lezione di Cesare: «Per meno del cielo è impossibile muoversi»

Il saluto di Maria Lissignoli, una delle insegnanti del 14enne morto sulla Presanella con la mamma e un amico di famiglia
Cesare Ziboni
Cesare Ziboni
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Caro Cesare,

anche questa volta hai scalato una montagna, come eri solito fare. L’immensità dell’orizzonte, la limpidezza del cielo, la freschezza dell’aria ed il senso di libertà che si provano da quelle altezze non le ho mai sperimentate, ma credo che la grande fatica di ogni scalata svanisse di colpo a quello sguardo, a quella sensazione.

Ogni volta volevi raggiungere una vetta, volevi spingerti più in là: non una semplice passeggiata tra i boschi, non un ameno sentiero di montagna, ma qualcosa di più, di più. Certo, faticoso: mi ha fatto subito impressione sapere che per questa scalata tu, i tuoi familiari ed i tuoi amici eravate partiti alle 4 del mattino. Chi ha voglia di alzarsi a quell’ora, di incamminarsi al buio, di percorrere poi tanti metri al freddo! Per che cosa? Ne vale davvero la pena?

Quando ho appreso della tua nascita al Cielo, mi ha preso immediatamente un grande dolore: una morsa, che ti stringe il petto e ti soffoca la gola; e tra i primi pensieri che si sono affollati nella mia mente si è fatto strada anche questo: «Che penseranno i suoi compagni? Come vivranno questa dipartita? Troveranno un senso in questo accaduto? Si lasceranno andare, pensando che allora nella vita niente ha senso, se possono accadere simili fatti?». Poi, però, ho subito pensato che la risposta era insita nella tua esperienza: tu stesso ci hai testimoniato che per meno del cielo non è possibile muoversi, per meno delle stelle, in fondo per meno dell’infinito: perché ogni tua gita in montagna era per godere di una bellezza straordinaria, che ci investe ogni giorno senza che magari ce ne accorgiamo. Tu, Cesare, questa bellezza, l’avevi vista, e anch’io, come tua insegnante, mi accorgo solo ora di quanto ci hai insegnato, mi hai insegnato con questa tua passione per la montagna, per gli orizzonti infiniti. Mai, fra l’altro, cercati in solitario, ma sempre in una compagnia, con cui viaggiavi e con la quale condividevi questo grande amore.

Questa volta non hai raggiunto la vetta, è vero. Nella vita anche noi ci struggiamo per tanti desideri, che spesso non realizziamo, ma ancora tu ci ricordi questo: non sei giunto sulla cima di quella montagna, come desideravi, ma la Vetta l’hai comunque raggiunta. Sicuramente non quella che cercavi, non quella che desideravi, ma adesso hai conquistato davvero la cima. Certo, per noi prematuramente: ti vorremmo ancora qui, caro Cesare, con quel tuo sguardo sbarazzino, con quella dolcezza negli occhi che resterà sempre impressa nella nostra memoria e nel nostro cuore.

 

Un disegna di Cesare
Un disegna di Cesare

 

Ora però sappiamo che tu ti muovi liberamente e agilmente tra le montagne, e godi in ogni istante di quell’infinito che cercavi, qui, ad ogni scalata. Al tuo pensiero i nostri occhi si riempiono di lacrime, ma ci piace pensare che queste non siano altro che quelle gocce di rugiada che tante volte avrai visto, e forse sfiorato nelle tue mattinate in montagna; e il fiume di lacrime che inonderà i visi di tanti di noi al tuo pensiero non saranno altro che le sorgenti, pure e limpide, che sgorgano tra quelle aspre rocce.

Tu, in questi momenti, ci starai guardando, e sorriderai dolcemente, perché saprai di essere stato tu la causa di queste lacrime, che vuoi diventino sorgenti, che ci lavano da tante frivolezze, inutilità, banalità della nostra vita quotidiana. E così ci farai anche ricordare che devono appunto nascere tra le rocce: le più ripide, le più appuntite.

E allora, dopo questo pianto, non potremo essere felici, giacché tu sai che la felicità non è di questa terra, ma potremo comunque essere lieti, perché avremo condiviso con te per un attimo la freschezza dell'acqua pura, e ci saremo ricordati per che cosa vale la pena alzarsi ogni giorno: perché il nostro sguardo si spinga sempre più in là, più in là, nella ricerca, attraverso la bellezza del creato, dell’amicizia, della condivisione e delle passioni che abitano, a volte sopite, in ognuno di noi, di quell’Infinito che, solo, dà senso alle nostre giornate.

Ciao, Cesare. Continuiamo a percorrere i nostri sentieri tortuosi e irti, finché raggiungeremo anche noi la Cima, dove ci rivedremo e godremo finalmente per sempre insieme dell'Immensità che il nostro cuore ancora desidera.

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