Cultura

Monica Bellucci, la bellezza «parlante» non surperficiale

In «Incontri clandestini», scritto con l'aiuto di Guillaume Sbalchiero, l'attrice si racconta parlando di femminilità, cinema, attrici
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3767819.jpgTITOLO «Incontri clandestini»

AUTORE Monica Bellucci - Guillame Sbalchiero

CASA EDITRICE Rizzoli

PAGINE 158

PREZZO 18,00 €

 

Sguardo basso e obliquo, mano sinistra a reggere il lato del volto: in copertina di «Incontri clandestini» (Rizzoli, 158 pagine, 18 euro), libro-confessione che firma col giornalista Guillaume Sbalchiero, Monica Bellucci pare una madonna rinascimentale che soppesa enigmatica sé e il mondo. A 53 anni (il 30 settembre), con 69 interpretazioni di cinema&tv e fama mondiale, si racconta in un libro, «luogo protetto, contro l’immediatezza» scrive Sbalchiero. Eccola, «la sublime italienne» di Francia, in pagina e solo 8 foto, parlare di sé, ma soprattutto dire la sua su tanti argomenti.

Monica Anna Maria Bellucci, umbra di Città di Castello, approdata al set nel 1990 nel tv-movie «Vita coi figli» di Dino Risi, sciorina pensieri non banali che dicono d’un sentire più meditato e profondo dei suoi occhi bruni e dei tanti ruoli di glamouresco décor. Senza rinnegare una Madre Natura generosa («Grazie a una femminilità naturale e a un po’ d’artificio posso creare un sogno. Non ho problemi con quest’aspetto. Quand’ero modella, Odile Sarron mi disse: "In copertina, sei una delle rare brune che vende quanto una bionda"») non riduce il suo dire a specchio vanesio benché ammetta «ho spesso fatto del mio corpo e femminilità una forza espressiva».

Leggendo del... mondo secondo Monica si scoprono forza, acutezza e umiltà non di facciata, che - pur con l’aggio d’un editing riuscito - sbiadiscono il pregiudizio da bella&superficiale: «La luce di cui brilliamo non dura, deforma la realtà. Quando devo farlo, mi ci immergo, ma la verità è nell’ombra».

L’ex «dea siciliana» del film di Tornatore si ammette «amata o invidiata, odiata o adorata. Come Malèna. Relativizzare è la parola chiave, non darsi mai troppa importanza. Tutte le belle donne attraversano questa prova. E la diversità, che sia bellezza o tutt’altro, è sempre malaccetta».

I suoi modelli sono infatti Monica Vitti, Claudia Cardinale, Sophia Loren, Anna Magnani, Gina Lollobrigida: «Come loro hanno deciso i propri percorsi, io provo a decidere il mio. Scelgo i progetti in base ai desideri del momento. Poco importa il budget e l’ampiezza del ruolo, m’impegno con la stessa intensità. Lasciare? Piuttosto morire!».

Per la seconda volta madrina del recente Festival di Cannes, ammette d’aver tremato la prima, «ma essere attrice significa anche sconfiggere la propria timidezza. È un mestiere terapeutico: ogni storia e ruolo offre una possibilità di conoscersi meglio. Una forma di verità che non trovo in altre professioni». Ora amerebbe «interpretare Tina Modotti, fotografa e modella Anni ’20, donna forte e musa di artisti» e indica «La dolce vita» e «Love Story» come suoi film-cult: «Forme opposte d’amore; estremi: sacrificio non-sacrificio».

Sul sesso è categorica: «L’erotismo è l’eros sublimato; pornografia è l’eros degradato». Sa che, come sex-symbol, divide uomini e donne: «Non sono in pace col genere maschile, provo sfiducia. Gli attori? Alcuni di loro danno troppa importanza al proprio ego. Le donne? Non mi spaventano, mi affascinano. Le attrici? So la difficoltà d’imporsi in questo mondo maschile, perciò ho rispetto per quelle che durano. Un tempo erano produttori e registi a crearci, oggi siamo più libere. E più sole».

Ribelle a onta del viso angelico, ricorda: «A 12-13 anni ero ingestibile, a 17 facevo piccole sfilate. Dopo la maturità sono arrivata a Milano grazie a un’amica e ho fatto la modella, a 20 anni possedevo un appartamento a New York. Fin da giovanissima avevo tutto e libertà assoluta, ma non ho mai abusato di me stessa».

Rispetto che da madre di Deva nel 2004 e Lèonie nel 2010 (da Vincent Cassel, marito per 13 anni) vuole tramandare: «La maternità mi ha ricondotta alla mia animalità ancestrale e guidata a dimensione più profonda». Insomma, è un «pensare bello», più complesso e ricco di sfumature del pensare bene, l’Incontro Clandestino editoriale con Monica. E lei ammonisce: «Senza cultura è molto facile cadere nella trappola. In molti regimi una donna istruita è pericolosa». Chissà, forse il libro segnalerà pericolosa anche la sua memorabile bellezza che qui si mostra efficacemente non imbelle né muta.

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