GdB & Futura

Una verità sul 4.0: «Dati certi e rapidi significano più soldi»

Esperti e aziende si confrontano al GdB. Un problema: la sicurezza, un'opportunità: l'intelligenza artificiale
Sala Libretti affollata per l'incontro dedicato ai dati aziendali e alla loro sicurezza - © www.giornaledibrescia.it
Sala Libretti affollata per l'incontro dedicato ai dati aziendali e alla loro sicurezza - © www.giornaledibrescia.it
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Interessante, utile, diretto e concreto e soprattutto, supportato da testimonianze dirette delle aziende. L’incontro dei giorni scorsi alla Sala Libretti del nostro giornale attorno ai temi dell’industria 4.0, ha visto confrontarsi tecnici, fornitori di servizi, consulenti ma - come detto - imprenditori e manager che hanno sperimentato alcune delle tecnologie 4.0 portando la propria esperienza. Guidato ed esemplarmente stimolato da Giovanni Renzi Brivio (presidente di Project Group), l’incontro ha visto a confronto Stefano Ferrari (Fasternet), Claudio Morbi (Stain) e Francesco Lanzi (Ingest).

Claudio Morbi (Stain)Comandano i numeri. Il tema dei temi è stato quello dei dati, del loro utilizzo, del perchè sono importanti, della sicurezza nell’avere e nella trasmissione dei dati stessi e, infine, del perchè avere dati rapidi è importante. Claudio Morbi l’ha detta in parole piane e senza girarci troppo attorno: «Perché avere dati certi e rapidi significa fare più soldi», perché solo con il dato certo e rapido si fanno emergere i piccoli o grandi costi occulti «e la somma dei tanti costi occulti fa un bel risparmio». Messa così, la cosa dovrebbe vedere masse di imprese in coda ad implorare i nuovi sistemi di gestione e controllo. Non è esattamente così. «Serve - ha sempre detto Morbi - un salto culturale nelle aziende, serve che qualcuno si applichi a voler capire cosa significa la gestione del dato».

E quindi cosa significa monitorare la produzione in tempo reale; avere la tracciabilità del prodotto; gestire le attrezzature; gestire e controllare gli operatori; verificare la manutenzione.

Stefano Ferrari (Fasternet)Dati certi vuol dire sicuri. È un assioma: il dato certo, per definizione, dovrebbe essere sicuro. Dovrebbe, appunto. Stefano Ferrari ha ideato un nuovo termine - «sicurizzare» - che sintetizza quanto un’azienda deve fare per avere i dati (sui quali andrà a fare poi politiche commerciali o interventi sul ciclo) sicuri, certi per l’appunto. La premessa è che un’azienda si convinca che avere prima, leggere poi e quindi fare interventi sulla base dei dati diventa uno degli investimenti ineludibili. «La qualità del dato diventa strategica», dice Ferrari, a maggior ragione col 4.0 che «allarga il perimetro di analisi della security con l’esame dei rischi, il governo dei sistemi, i meccanismi predittivi, la formazione degli utilizzatori in caso di attacco». Sicurizzare (termine forse non bellissimo, ma efficace) diventa, per l’appunto, una esigenza imprescindibile.

Francesco Lanzi (Ingest)Ovviamente, in un’azienda i dati sono migliaia, milioni, e quindi si pone il problema di non affogare nell’oceano dei dati. Si tratta di capire e scegliere quelli che servono e quelli che non servono (o servono meno). Problema aggiuntivo: spesso i software aziendali sono diversi. Che fare, si è chiesto Francesco Lanzi, responsabile innovazione della Ingest. La risposta immediata è: servirebbe un software in grado di analizzare grandi volumi di dati in maniera semplice e veloce. Un suggerimento aggiuntivo Lanzi l’ha anche fornito: c’è Microsoft Power BI, dove BI sta per Business Intelligence. Per sapere come funziona, l’8 giugno (in un incontro già in calendario, sempre in Sala Libretti) quelli di Microsoft assicurano di poterlo spiegare.

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