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«Una opportunità da cogliere. E l’Italia non è svantaggiata»

Franco Beretta ottimista «Siamo bravi come pochi nel manifatturiero».
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Alla Beretta di Gardone. Un sito che è un paese. Cento mila metri di fabbrica, ponti che attraversano strade e il Mella per tenere tutto insieme, un poligono di prova che va sotto la montagna. In 800 al lavoro. Una fabbrica che dà il senso a questa parola: capannoni, magazzini, macchine, uomini e donne. Tanti. Uno spettacolo ormai raro da vedere.

Pulita a specchio. Con Franco Gussalli Beretta, cui fanno capo le attività industriali del gruppo, parliamo di 4.0, delle nuove tecnologie che sono arrivate e arriveranno. La Beretta è stata fra le prime a misurarsi sulle nuove frontiere. Camminare in azienda dà l’idea di come dovrebbe essere una fabbrica che, pur lavorando acciaio (si arriva a 1600 e passa fucili al giorno) è pulita a specchio, razionale, ordinata, composta, persino col giardino interno. Ed è, contrariamente anche a quel che io pensavo, una fabbrica abbastanza aperta considerando qual che qui si produce. E’ importante dirlo: non è un promo, è una disponibilità che anche altre aziende potrebbero cogliere: capire e vedere com’è una fabbrica avanzata non è impossibile.

È un mondo. Una fabbrica che è un mondo, che tiene insieme la meccanica più avanzata, la tecnologia ottica da primato (c’è una macchina, il Metroton, che fa la tac a legno ed acciaio in 90 minuti, prima servivano 21 giorni. E’ disponibile, parentesi nella parentesi, anche per le aziende associate ad Aqm).

Quel che c’è di avanzato qui lo usano: progettazione digitale, prototipi con stampanti 3D, produzione robotizzata, i centri Gap della Stain a controllare ogni centro di lavorazione, c’è il Crm che è poi il sistema con il quale ci si relaziona con i clienti.

Fabbrica cieca? «Abbiamo quasi tutte le sigle - commenta sorridendo Franco Beretta. Vero è che siamo un po’ a macchia di leopardo ma arriveremo a completare il tutto. Adesso tutto questo insieme di sigle, questa montagna di dati sparsi fra fabbrica ed uffici dovremo metterli insieme. Analisi ed analisti supportati dall’intelligtenza artificiale. E’ l’obiettivo prossimo».

Basta, fine della storia, siamo alla fabbrica cieca...

«No, nel modo più assoluto. Quel che cambiato è il modo di lavorare, servono nuove figure professionali, serve più qualificazione, questo sì. Ma la fabbrica non sarà mai cieca. Quel che abbiamo sin qui fatto lo dimostra. Certo, serve il coraggio e la determinazione ad investire nelle persone e a dar loro gli strumenti per crescere. Sono ottimista, per noi e per l’Italia».

Ma sbagliamo... Diciamocelo: non siete poi in tanti... «Sbagliamo. La capacità di fare industria dell’Italia è seconda a pochi. Certo c’è la Germania, il Giappone, forse la Corea ma poi ci siamo noi. Adesso assistiamo al fenomeno del reshoring, delle produzioni che rientrano, soprattutto negli Usa. E’ una opportunità per le nostre aziende per investire sul più grande mercato del mondo. Dobbiamo essere consci del nostro valore. L’Italia è un formidabile costruttore di impianti industriali. Tutti lo riconoscono. Guardi la nostra fabbrica: la stragran parte sono macchine italiane». //

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