Antibiotici inefficaci: «rischio» polmonite

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È sempre più allarmante il fenomeno delle infezioni resistenti ai farmaci: un antibiotico su due, infatti, non funziona. Come affrontare il problema delle resistenze batteriche, tenuto conto che per almeno dieci anni non ci saranno nuove molecole? Lo abbiamo chiesto al professor Roberto Mattina, ordinario di Microbiologia e all’Università degli Studi di Milano.

Alla luce del problema delle resistenze batteriche agli antibiotici, quanto è importante avere a disposizione soluzioni in grado di contrastare questi «super-batteri»?

Stanno emergendo in misura crescente ceppi batterici resistenti agli antibiotici. Il rischio che queste resistenze, continuando ad aumentare, rendano inefficaci gli antibiotici e ci facciano tornare all’era pre-antibiotica, è veramente molto elevato e ciò preoccupa i sistemi sanitari di tutti i Paesi. Gli inglesi hanno affermato che l’antibiotico-resistenza è un pericolo simile al terrorismo. Malattie come la meningite, la tubercolosi, il tifo, le polmoniti e molte altre ancora che attualmente sono curabili con gli antibiotici, potrebbero causare la morte di molti pazienti e ciò rappresenterebbe una grave sconfitta per il mondo medico e per tutta la collettività.

Le cause di questa emergenza possono essere ricondotte a diverse motivazioni, tra cui l’uso inappropriato ed eccessivo degli antibiotici da parte del medico e un cattivo utilizzo da parte dei pazienti che, a volte, lo usano come un farmaco sintomatico. Purtroppo da circa quindici anni non vengono immessi sul mercato nuovi antibiotici, soprattutto per i medici che operano sul territorio, e tutto lascia supporre che per i prossimi cinque, sette anni non ve ne saranno di nuovi.

Quali strategie potrebbero essere messe in atto per limitare il fenomeno delle resistenze?

Le resistenze batteriche agli antibiotici sono distribuite sul territorio in maniera molto disomogenea, quindi sarebbe necessario istituire un Osservatorio delle Resistenze per mappare la situazione e monitorarla. Una volta individuata l’area in cui è presente una certa resistenza, sarebbe sufficiente che i medici limitassero la prescrizione di quel farmaco o di quella classe, per qualche anno. Nel caso delle piodermiti sostenute dallo Streptococcus pyogenes di gruppo A ci sono evidenze in alcune zone del Paese di una elevata resistenza di questo batterio ai macrolidi mentre risulta sempre sensibile «in vitro» alle penicilline e alle cefalosporine. Riguardo alla Staphylococcus aureus, è nota la comparsa di ceppi, soprattutto ospedalieri, resistenti alla meticillina, che risultano insensibili alla stragrande maggioranza degli antibiotici.

Bisogna inoltre tener presente il fenomeno delle resistenze «crociate», ovvero quelle che coinvolgono allo stesso tempo antibiotici dotati di medesimo meccanismo di azione come ad esempio i macroli.

L’acido fusidico, un antibiotico scoperto negli Anni ’60 ed oggi poco utilizzato, ha dimostrato in diversi studi una buona attività sia sullo Streptococcus pyogenes di gruppo A sia sullo Staphylococcus aureus. L’acido fusidico ha una peculiarità per quanto riguarda il meccanismo di azione che lo rende diverso da tutti gli altri antibiotici; infatti agisce sulla sintesi proteica del microrganismo a livello extra ribosomiale ed essendo l'unico antibiotico dotato di tale meccanismo d'azione, non è esposto a fenomeni di resistenza crociata con altri antibiotici. In particolare va ricordato che in diverse aree del nostro Paese le resistenze dello Streptococcus pyogenes di gruppo A ai macrolidi sono molto elevate.

Situazione analoga si riscontra per il Propionibacterium acnes, i cui livelli di resistenza raggiunti nei confronti dei macrolidi e delle lincosamidi appaiono preoccupanti e non solo in Italia (58%) ma anche in altri Paesi come la Spagna (80%) e gli Stati Uniti (90%).

Quali sono le strategie terapeutiche messe in atto oggi per il trattamento delle principali infezioni cutanee?

Le più frequenti infezioni batteriche cutanee sono la piodermite e l’acne. L'obiettivo della terapia è quello di eradicare l’agente patogeno che ne è la causa: lo Streptococcus pyogenes e lo Staphylococcus aureus, responsabili delle piodermiti nella maggior parte dei casi, e il Propionibacterium acnes che è il microrganismo più coinvolto nell'insorgenza dell’acne. Il trattamento antibiotico consente di eliminare i patogeni e, nel caso dell'acne, può essere utilizzato in associazione ad altri farmaci quali l'acido benzoico. Uno studio del 2011 dimostra l'efficacia dell'associazione di benzoil perossido e adapalene nel trattamento dell'acne. Quanto alla piodermite si utilizzano antibiotici ad uso topico ed eventualmente lo stesso antibiotico per via sistemica somministrato in associazione. L'antibiotico locale, essendo in grado di raggiungere concentrazioni molto più elevate rispetto all'antibiotico sistemico, ha un effetto battericida migliore.

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