Cultura

Setta di colpevoli che passano per «perseguitati»

Un articolo di don Sturzo su un fatto del 1901 offre lo spunto per raccontare una storia di prepotenza e giustizia calpestata.
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Lo spunto all'autore- se mai ci fosse stato bisogno - l'ha offerto un documento d'epoca, un articolo che don Luigi Sturzo scrisse nel luglio del 1901 su «Il sole del Mezzogiorno» per denunciare lo scandalo di Palizzolo, popoloso centro nel cuore della Sicilia dove alcuni notabili e sacerdoti avevano approfittato di fanciulle tanto pie quanto ingenue. Vero lo spunto, narrazione di fantasia tutto il resto. Ma non troppo.

La storia si dipana secondo il più classico stile camilleriano, partendo da un fraintendimento: le case di un paio di notabili tengono le serrande chiuse nonostante sia una bella domenica di sole e il medico corre misteriosamente dall'una all'altra; che sia in arrivo una nuova epidemia, un altro attacco di colera? Don Anselmo Buttafava, per non saper né leggere né scrivere, parte subito per la campagna. I suoi camerieri si insospettiscono e nel giro di poche ore l'intera Palizzolo è in subbuglio.

I preti delle sette chiese (meno uno, l'unico che indossi la tonaca con spirito evangelico) lanciano l'anatema contro l'avvocato Matteo Teresi, libero pensatore e quindi colpevole d'aver attirato la maledizione divina sull'intero paese. Il popolino insorge e il sindaco deve chiedere aiuto ai carabinieri. In paese arriva il capitano Montagnet, che senza guardare in faccia a nessuno, vuole sapere come stiano davvero le cose.

Perché tanto schiamazzo? E scopre presto che la vera ragione sta in quattro gravidanze del tutto inaspettate: una giovane di buona famiglia, una vedova piacente e pia, una cameriera ingenua e la figlia di un camparo, tutte incinte di due mesi. Eppure tutti le conoscono come donne che non frequentano altri luoghi se non la casa e la chiesa. E la canonica, purtroppo per loro.

Il capitano dei carabinieri e l'avvocato «sovversivo» smascherano presto l'intrigo e mettono i responsabili di fronte alle loro responsabilità. Ne nasce uno scandalo che ha eco nazionale. Ma la loro sarà una vittoria momentanea, perché una società familistica e omertosa sa attendere il momento opportuno per rimontare lo svantaggio e «rimettere» ogni cosa «a posto». Così, secondo un vizio tutto italiano, il colpevole alla fine passerà per perseguitato e l'accusatore per imputato. Denaro e favori hanno sempre una loro irresistibile forza...

Con questo «La setta degli angeli» Camilleri ritrova la verve dei suoi primi romanzi «storici»: lo stile è quello del «Birraio di Preston» o de «La concessione del telefono», anche se per tener fede all'appiglio originario, abbandona la sua Vigàta e ambienta quest'ultima vicenda nel paese citato da Sturzo. Si parla di avvenimenti d'un secolo fa, ma talvolta la morale potrebbe essere riportata, pari pari, ai giorni nostri: così sembra suggerire l'autore, con la beffarda ironia di chi non si fa più illusioni.
Claudio Baroni

La setta degli angeli
Andrea Camilleri
Sellerio, 258 pagine, 14 euro

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