Cultura

La voce nella notte è la «giustizia» di Montalbano

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Si diverte, Andrea Camilleri, a giocare con l'età del commissario Montalbano. E immortalandolo al risveglio, il giorno del suo 58esimo compleanno, lo fa imparpagliare davanti ad un polipo appena pescato, lo descrive mente si muove con inedita goffaggine tra le stanze della palazzina di Marinella e storpia i nomi come farebbe Catarella nella sua migliore versione. Salvo Montalbano è forse tra i pochi protagonisti di romanzi in serie ad invecchiare, di puntata in puntata. Questa volta il suo autore costruisce scenette che sono al limite della comica, con una punta d'esagerazione. Ma così ha deciso di allestire la scena quell'abile regista che è Camilleri, questa l'ambientazione dell'ultima avventura del commissario di Vigàta. Una storia che annoteremmo nell'elenco delle meglio riuscite.

Due le vicende che si intrecciano. La prima prende le mosse da un «trentino» dal piglio aggressivo che ad una stazione di servizio, finisce per minacciare con una chiave inglese un Montalbano che si è alzato col piede storto e che lo fa arrestare. Il giovanotto è Giovanni Strangio, figlio del prof. Michele Strangio, potente presidente della Provincia di Montelusa. Montalbano sa di aver esagerato nella reazione e si trova in difficoltà quando lo stesso Strangio, pochi giorni dopo, si presenta al Commissariato per raccontare d'aver trovato la sua fidanzata in un lago di sangue, uccisa nell'appartamento dove convivono, al rientro da un convegno a Roma.

Mimì Augello - ed è la seconda trama dell'intreccio - è invece alle prese con il furto in un supermercato che tutti dicono appartenga alla famiglia dei Cuffaro. Strano furto, perché nessuno ha forzato né porte né finestre. Il direttore del supermercato, messo alle strette, prima reagisce malamente. E poi si impicca.
Le reazioni, che subito provocano negli ambienti del potere i due fatti, mandano nel panico il questore Bonetti-Alderighi. Non sapendo che pesci pigliare, si mette nelle mani di Montalbano: se va bene rivendicherà il merito, se va male pagherà il solo commissario.
Lampanti le apparenze, intricata la verità. Il meccanismo dell'inchiesta avanza con implacabile precisione, fino a quando una voce camuffata, di notte, farà giustizia.

Mimì non è il solito svagato che si perde al solo frusciar di sottovesti, Fazio è ormai tanto abile da anticipare i ragionamenti del commissario, e persino Livia ritrova una sua collocazione più equilibrata. Camilleri ci presenta un Montalbano d'annata, solido e strutturato. Può persino stupire che, alla fine, il commissario lasci campo ad altri nel concludere una delle due storie. Anche se a ben vedere, risolve sempre a modo suo - spesso assai lontano dalla legalità formale - torti e delitti.
Claudio Baroni

c.baroni@giornaledibrescia.it

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