Cultura

Camilleri gioca col nipote del Negus

Da un aneddoto storico l'affresco sulla dilagante baldanza dell'Italia in orbace
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Chi ama - e magari talvolta rimpiange - il Camilleri de «La Concessione del telefono» e de «La scomparsa di Patò», quello che costruisce un intero romanzo allineando lettere e documenti, ritagli di giornale e scampoli di conversazione, si divertirà non poco con questo nipote del Negus. L'autore garantisce che lo spunto è storicamente fondato: dalla ricerca «I Signori dello zolfo» di Michele Curcuruto emerge che tra il 1929 e il 1932, alla Regia Scuola Mineraria di Caltanisetta studiò il Principe Brhana Sillassié, nipote del Negus Ailé Sellassié. La sua presenza in quell'angolo di Sicilia non passò inosservata, anche perché il giovane, alto ed elegante, amava la bella vita.
E tanto basta perché Camilleri imbastisca uno dei suoi «pezzi» d'antologia.
Il libro prende le mosse dalla lettera ufficiale che il Ministero degli Esteri invia al direttore della Regia Scuola Mineraria per preparare il terreno all'arrivo del nuovo allievo. Si tratta di un principe, quindi la prestigiosa scuola ne dovrebbe andare fiera. Ma «benché principe è pur sempre negro», fa notare una successiva lettera del Ministero degli Interni. In Etiopia ci si inginocchierà pure, per rivolgersi al principe, ma in Sicilia un negro rischia d'essere preso a calci in culo e a sputi in faccia, se va bene. Quindi - si raccomandano i Dicasteri romani - che tutti, autorità civili e religiose di ogni ordine e grado, si diano da fare perché il nuovo arrivato sia accolto nel migliore dei modi. E sia assecondato in ogni sua esigenza, perché la questione sta a cuore «a Lui». È il Duce in persona che punta sul giovane nobile africano perché diventi indiretto ambasciatore, presso il potente zio Negus, a favore della politica espansionistica italiana. Ognuno per la sua parte si prodighi affinché il ragazzo scriva una lettera dai toni entusiasti sull'italica benevolenza. La strada del Duce alla conquista di un'altro tratto della sponda africana sarà così spianata. Questa l'alta strategia romana. Che si infrange però contro la ben più abile furbizia del principe. Il quale, scoperto che può alzare la posta a piacimento, diventa incontenibile nelle pretese. E non solo materiali. Nell'assecondare i progetti di Mussolini, ognuno cerca a modo sua di far fronte agli «appetiti» dell'aitante giovane. E lo studentello, che arriva a Vigàta con abiti sdruciti e pochi indumenti intimi raccolti in una federa, mette in crisi l'equilibrio della severa scuola, infiamma i cuori di qualche ragazza, si beffa di solerti funzionari e tronfi gerarchi, e fa fallire le mire colonialistiche di un'Italia ingenuamente convinta d'avere irresistibili abilità politiche e diplomatiche.
L'incalzante scambio di lettere ufficiali ed ufficiose travolge Ministeri e Prefettura, Questura e Comando dei Regi Carabinieri, Vescovado e Circolo dei nobili, in un crescente intreccio di orgogliosa stupidità. Non tutti, per la verità, cadono nel tranello. In questa esilarante frenesia di compiacere, fanno eccezione il distacco e l'ironia del questore di Motelusa e del commissario di Vigàta, unici a cogliere l'infida furbizia del giovane africano, a prenderne le misure e alla fine, a cavarsela.
Camilleri aggiunge un'altra perla alla sua collana di romanzi storici. Riconquista la freschezza delle origini. E si diverte assieme al suo lettore, inserendo qua e là qualche frecciata polemica d'attualità. Difficile non cogliere, in alcuni passaggi, l'eco del «furbismo» che accompagna la politica filolibica berlusconiana. L'Italia non è cambiata, spera sempre d'avere un posto al sole con qualche scambio di favori.
Claudio Baroni

IL NIPOTE DEL NEGUS
Andrea Camilleri
Sellerio - 277 pagine, 13,00 euro

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