Cucina

Vittorio Fusari, cuoco un po’ filosofo e un po’ maestro

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Sembra che stia cucinando, in un dialogo intimo con i suoi ingredienti, e poi ti butta là una battuta che ti apre un modo tutto nuovo di vedere le cose. Magari ti svela qualcosa che hai sempre condiviso, ma non ci avevi pensato. E ti senti un po’ sciocco per non aver saputo condensare in una frase ciò che pure avevi davanti.

Così Vittorio Fusari, strappato alla cucina (peraltro a vista) della Dispensa pani e vini di Adro e a tu per tu con un bel gruppo di appassionati (fan di Vittorio sarebbe più appropriato) a Cast Alimenti, cucina e parla, svela i segreti nella scelta delle materie prime e tecniche di cucina frammiste a passioni.

«La cucina è amore, dare da mangiare ai piccoli e agli adulti, farli innamorare di un piatto». Le nostre nonne avrebbero sbuffato osservando che è una banalità. Non lo è più, è una conquista (o meglio una riconquista) che dobbiamo assolutamente fare, recuperando di passaggio, il valore della convivialità.

Se l’approccio è quello, non rimani più basito quando scopri che i colori sono come i pensieri e i profumi di un piatto ben riuscito sono paggetti di un sentimento.

Ci si aspetta che affronti il tema della tradizione in cucina, un marchio di fabbrica della proposta di Fusari. Ma, occhio, tutte le tradizioni hanno il potere di eliminarsi, ogni generazione dà il suo contributo.

Altri hanno notato che la tradizione è una innovazione ben riuscita a suo tempo. Quindi è più che lecito, se una preparazione tradizionale non ti emoziona, rifarla del tutto purché si impieghino ingredienti sani. E del resto quale mamma o quale innamorata metterebbe nel piatto cibi non naturali e sani?

Piace a Vittorio Fusari dare alle sue creazioni il riferimento con la tradizione. Non parla del suo mitico manzo all’olio che ha rivisto in almeno tre cotture, ma del panino delle feste popolari. Lui lo ha rivisitato, ecco come. La salamina è fatta rigorosamente da lui con coppa, lonza e pancetta di maiale. Poco sale, poco pepe, aglio e grappa. Di diverso c’è che invece del budello di maiale (o peggio quello artificiale) la salamina è avvolta nella rete del maiale, come alcuni salumi tradizionali del territorio Franciacortino. La rete si scioglierà subito. Il panino non è proprio il solito panino: si parte dal lievito madre, ci si mette un po’ di strutto ed una grattatina di limone (che rinfrescherà l’insieme).

Poi è passato ad un classico della sua cucina: la patata al caviale che di anni ne ha ormai 24. Una idea raffinata? Macché, dice Fusari. Ricordate le patate cotte sotto la cenere? La stessa cosa. Si metteva un bel pizzico di sale sulla patata cotta intera e con la buccia e la merenda era fatta.

In questo caso ci aggiungi il salato del caviale, l’acidità della crema al Franciacorta. Proprio come faceva la nonna. O no?

Chiudiamo con la mozzarella all’ostrica. Vittorio racconta che lo ha dedicato a sua moglie. L’ispirazione? La tradizione questa volta non c’entra, le vacanze al mare sì. Avete mai leccato la crema per labbra mescolata al salmastro del mare? Dolce e salato ad ogni morso.

Gianmichele Portieri

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