Cucina

Vino. Nuove vie per la crescita del Groppello

Il Consorzio presenta la ricerca sui cloni per perseguire i diversi possibili obiettivi.
AA

Adesso è chiaro: i Groppelli bresciani sono due e solo due. Lo dice l'esame del Dna. Si tratta del Groppello Gentile, del quale il Groppellone è una variante, e il Groppello di Mocasina che è gemello del Groppello di Santo Stefano. Ma i cloni dei due Groppello (che sono parenti piuttosto alla lontana) sono decine.
Se per la storia enologica, dopo tante cose diverse dette e scritte, si è fatta chiarezza e questo è un punto d'arrivo, per chi deve fare il vino si tratta di un punto di partenza. Anzi è l'incipit di una storia che potrebbe portare al reimpianto di parecchi ettari di vigna in Valtenesi.
Siccome gli esami non finiscono mai e, forse, anche in questo caso ci vorranno dieci anni per vedere risultati concreti, da portare con orgoglio nel bicchiere, e almeno altri tre anni di rilevi in campagna e cantina (se ci saranno gli indispensabili fondi della Regione), ma per il Groppello questo 2011 sarà un anno decisamente importante, una sorta di anno zero. Adesso il più autoctono dei vitigni bresciani comincia a fare sul serio: alle sensazioni e alle intuizioni (spesso molto personali) si sostituisce la scienza.
Negli ultimi giorni del 2010 il Consorzio Garda Classico ha presentato agli associati lo studio commissionato dal Consorzio al Centro vitivinicolo provinciale che per tre anni (il 2007, 2008 e 2009) ha studiato il comportamento di vari cloni di Groppello in diverse zone e quindi ha sperimentato varie tecniche di vinificazione dei campioni in purezza. Un lavoro imponente, come testimoniano i grafici proposti a corredo dello studio, ricavati sia per via analitica sia grazie ad un panel di degustazione. Un lavoro che però, ha detto il coordinatore del progetto, l'agronomo Marco Tonni, che non dice come si deve coltivare l'uva di Groppello e come la si deve vinificare, ma dice quali risultati si ottengono usando un certo clone e quali altri si ottengono cambiando tecnica di vinificazione.
Ogni azienda dovrà poi ripensare agli obiettivi, anche di mercato, che si propone e adeguare il vigneto e la cantina. Come dice il presidente del Consorzio Sante Bonomo, ogni azienda potrà fare le sue scelte in modo davvero oculato e ragionato.
Lo studio inciderà fortemente anche sul futuro del Rosso della Valtenesi che ha nel Groppello il suo asse portante (è di norma il 70%). Un vino che dalla prossima vendemmia (così almeno spera il presidente Bonomo) dovrebbe vedere approvato il nuovo disciplinare.
Ma veniamo allo studio. La tentazione di semplificare è forte (quanto rischiosa). Il clone che da risultati di maggiore soddisfazione in termini di piacevolezza, colore, intensità è il VCR11. La tecnica di vinificazione che è risultata migliore è quella che prevede una macerazione post fermentazione. Tutti allora su quella strada? Pare proprio di no, anche se è certo che chi punta sul Chiaretto sceglierà viti adatte e chi desidera un vino più robusto farà altre scelte.
Inoltre, avverte il vice presidente del Consorzio, Mattia Vezzola, ci vogliono piante che abbiano un'uniformità di comportamento, che abbiano grappoli più spargoli (quelli del Groppello sono tipicamente serrati), che garantiscano costanza qualitativa e profilo ampelografico costante. Da parte sua, dice Vezzola, Costaripa procederà a mettere a dimora due nuovi ettari di vigneto utilizzando al 30% il clone VCR11, ma poi procedendo alla selezione delle gemme delle migliori viti dei suoi vigneti. Come dire che ciascuno si può costruire il vino che lo appassiona di più. Del resto è normale che territori diversi diano vini diversi.
Lo studio però lascia aperte due questioni: l'incidenza del microclima di ciascun territorio e la serbevolezza del Groppello nel tempo. Sul primo punto Marco Tonni ha segnalato che sono state riscontrate difformità anche marcate, ma non erano disponibili gli strumenti per registrare le differenze climatiche. La zonizzazione però c'è, come ha ricordato il presidente Bonomo, e da tempo. Si tratta di riempirla di dati scientifici. Per quanto riguarda i Groppelli «da invecchiamento», i ricercatori non hanno potuto esprimersi perché tre anni sono pochi. Ma qualche clone più costante si è segnalato. Vezzola da parte sua così sintetizza: il clima del Garda non sembra promettere vini da grande invecchiamento, ma con una selezione genetica di qualità ci si può arrivare. Tempo? Dieci anni vi paiono troppi?
Gianmichele Portieri

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia