Cucina

A Brescia un «punto d’affezione»

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Un tavolino neppure tanto solido, una sedia in plastica rigorosamente scompagnata, una montagnola di cartoni di vino appoggiati direttamente sul pavimento e tanta, tantissima gente ad assediare le postazioni dei vignaioli. Già, perché, malgrado la semplicità dello scenario, il vignaiolo c’era di persona, anche se aveva un nome di levatura internazionale. Ci potevi parlare, ci potevi discutere, persino dissentire.

Non è come a Vinitaly dove ti devi talvolta accontentare del direttore vendite. L’impressione è che, in quel capannone, piuttosto spoglio, della Fiera di Piacenza dove a dicembre si è tenuto il Mercato dei vini della Fivi, anche gli espositori si siano trovati bene, tra amici. E infatti, appena il pubblico si è fatto meno asfissiante, sono partiti i reciproci assaggi.

«È questo il modo di parlare del vino che ci chiede il consumatore» dice Costantino Charrére, valdostano, primo presidente della Federazione Vignaioli indipendenti, uno per capirci, che per Wine Spectator fa un vino che è tra i top 100 d’Italia.

L’attuale presidente è Matilde Poggi, veronese con l’azienda, Le Frage (suo il primo Bardolino tre bicchieri della storia) che ha in serbo una notizia di interesse bresciano. La Federazione si è resa conto che i vini dei soci, che scansano con cura la grande distribuzione, si fa fatica a trovarli. Così sono stati creati i «punti di affezione», enoteche, bar o trattorie che tengono almeno una quindicina di vini dei vignaioli indipendenti.

Nel Bresciano ci sono Barolo di Timorasso in via IV novembre, angolo Piazza Vittoria, in città e la Trattoria del Muliner a Clusane d’Iseo.

Fondato da Fabio Galoppini e Cristiano Cotelli (che Matilde Poggi definisce «molto caldi») il Barolo di Timorasso (che si presenta già nel nome con una provocazione, visto che il Timorasso è un’uva bianca) sposa la semplicità di famiglia. I vini sono esposti in modo sommesso lungo la parete. Ma se li chiedi poi puoi avere belle sorprese. Sbirciando abbiamo visto le etichette dei Franciacorta di Cavalleri ed Enrico Gatti, il Lugana di Ca’ Lojera, il Botticino di Noventa, ma anche il Valtellina di Arpepe e i Soave di Pieropan. Oltre ai vini di Walter Massa, l’estroso vignaiolo piemontese che ha spinto i bresciani verso questa scelta.

Per proporre quei vini, qui come negli altri «punti di affezione» si deve sposare la filosofia della associazione che è fatta di maniacale rispetto per la terra, di onestà e di etica produttiva e molto di rapporto diretto con il consumatore. Non si tratta di aziende biologiche o biodinamiche, anche se, rispetto agli altri anni le aziende bio sono aumentate. I numeri della federazione dicono che su 800 produttori associati, con 8.000 ettari di vigneto, 55 milioni di bottiglie, i vigneti sono condotti per il 49 % in regime biologico o biodinamico, per il 10 % secondo i principi della lotta integrata e per il 41 % secondo la viticoltura convenzionale.

Le cantine bresciane che si riconoscono in quella filosofia sono ad ora 30 e sono in continuo aumento. E anche tra i bresciani ci sono i grandi nomi come Cavalleri o Il Mosnel, come le aziende minuscole della Valle Camonica (con Togni Rebaioli, socio della prima ora, ci sono ora Agricola Valcamonica e Agricola Flonno) e del Capriano (Lazzari era al debutto). Aziende storiche con origini fin dal ’700 e aziende nate ieri come Corte Fusia che solo ora riesce a presentare il suo primo millesimo perché è nata solo nel 2010.

Il gradimento del popolo che cerca i produttori che «ci mettono la faccia» (come recita uno slogan della Fivi) è in crescita esponenziale. Il Mercato dei vini di Piacenza ha registrato una crescita di visitatori sul 2013 del 30% e degli espositori da 200 a 265, tanto da riempire ogni spazio.

Cosa cercano i visitatori? Va detto che l’esposizione non ha nessuna remora a dire che è anche un mercato, dove infatti puoi rifornire il bar o l’enoteca o semplicemente la tua cantina.

Cosa che negli anni scorsi è accaduta di frequente, meno quest’anno dove ha prevalso la voglia di assaggiare, chiedere, documentarsi (non sono peraltro mancati gli affari al punto che anche i bresciani, così come molti altri produttori sono rimasti... senza vino). Bene così, ovvero con questo funzionale e riuscito mix tra mostra, assaggi e mercato, visto che più della metà dei visitatori erano professionisti del vino, spesso molto competenti e che ci sono parsi consapevoli di mettere il naso in un mondo particolare.

Gianmichele Portieri

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