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Lo stage diventa lavoro? Sì, ma in un caso su cinque

Indagine sui tirocini.
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Lo stage serve per completare la formazione o per aprire le porte del mercato del lavoro? Cosa si aspettano gli stagisti dal loro tirocinio? L'ente pubblico Isfol e la testata online www.repubblicadeglistagisti.it hanno lanciato il sondaggio «Identikit degli stagisti italiani», per raccogliere le testimonianze di coloro che nel percorso formativo o professionale hanno svolto tirocini (almeno 400mila ogni anno e in continua crescita, secondo le rilevazioni di Unioncamere Excelsior, AlmaLaurea e dello stesso Isfol).
Il sondaggio, anonimo, è rimasto online per cinque mesi (tra maggio e ottobre 2009) e ha raccolto quasi 3mila voci, per un totale di oltre 5mila stage «raccontati». L'8 giugno a Roma sono stati presentati i risultati definitivi, racchiusi in «Gli stagisti italiani allo specchio», pubblicazione a otto mani di Ginevra Benini, Silvia Lotito e Giuseppe Iuzzolino (Isfol) ed Eleonora Voltolina (Repubblica degli stagisti)
L'analisi fa risaltare, innanzitutto, uno scollamento tra la finalità esclusivamente formativa e di orientamento degli stage, così come prevista dalla norma, e le aspettative che invece i ragazzi nutrono quando fanno questo tipo di esperienze. Me c'è anche molto altro.
Dal sondaggio emerge che i settori aziendali «a più alto tasso di stagisti» sono quelli della comunicazione, spettacolo e pubblicità, all'interno del quale ha svolto lo stage il 12% dei partecipanti, della pubblica amministrazione (11%), e della consulenza o servizi alle imprese (10%). Ma nessuno di questi registra un buon tasso di trasformazione del rapporto di stage in un contratto (e per gli enti pubblici, del resto, non potrebbe essere altrimenti). Il settore più virtuoso rispetto a questo aspetto è invece quello dell'educazione e formazione, dove la percentuale di prosecuzione dopo lo stage è del 26,5%. Sotto di esso, quasi a pari merito, quelli del commercio e distribuzione (24,5%) e di informatica e telecomunicazioni (24,3%).
Aspettative diverse a seconda dell'età
«Il sondaggio conferma che a seconda del momento in cui si fa uno stage cambiano le aspettative» spiegano gli autori. «Chi lo fa alle superiori è molto giovane e vuole soprattutto completare la propria formazione: solo uno su dieci mira a trovare un lavoro. Il discorso si ribalta appena dopo il diploma: a questo punto la formazione e l'orientamento passano decisamente in secondo piano e la parte del leone la fa la ricerca di un impiego. Oltre un terzo dei laureati triennali, la metà dei laureati specialistici, e il 57% di coloro che fanno uno stage dopo un master ammettono esplicitamente di vedere lo stage essenzialmente come un traghetto verso il mondo del lavoro». Solo il 14,3% degli stage, però, si tramuta in un contratto (a progetto, a tempo determinato o più raramente a tempo indeterminato), a cui si può aggiungere un altro 6,8% che ottiene una «collaborazione occasionale». In totale quindi solo uno su cinque trova lavoro attraverso lo stage.
La qualità dello stage, tuttavia, è stata giudicata in molti casi in maniera svincolata sia dal suo esito professionale, positivo o negativo, che dalle stesse aspettative iniziali, sia, anche, a volte, dall'eventuale gratificazione economica. Molti giovani hanno una fame soprattutto di tirocini che abbiano concreto valore orientativo e professionalizzante.
Gli stage migliori nel settore meccanico
Chi offre i percorsi formativi migliori? Prima di tutto le aziende del settore metalmeccanico e automobilistico, dove gli stage hanno registrato un 60,3% di giudizi favorevoli (e sarà un caso ma qui si riscontra anche la più alta propensione a proporre un contratto a tempo indeterminato). Al secondo posto l'area educazione e formazione (57,5% di «buoni» e «ottimi»), al terzo le aziende di servizi socio-sanitari (55,4%). Meno bene i percorsi formativi nelle imprese del settore bancario e assicurativo, quelli delle organizzazioni non profit e, agli ultimi posti per giudizio degli stagisti, i tirocini del settore comunicazione, spettacolo e pubblicità e quello tessile, moda e beauty.
Per quanto riguarda i soggetti promotori, emerge che i tirocini valutati meglio (56,5% di giudizi positivi) sono stati quelli promossi da un'associazione professionale o imprenditorile (Camere di commercio, industriali, ecc). I peggiori risultano essere invece quelli promossi dai centri per l'impiego; in posizione intermedia si pongono le università.
Nelle conclusioni, gli autori suggeriscono ai giovani di anticipare quanto più possibile le esperienze di stage, poiché il sondaggio ha dimostrato che quelli fatti durante la scuola e all'università sono i migliori; per coloro che sono già un po' più avanti con l'età, e non hanno avuto la possibilità di fare un tirocinio mentre studiavano, la riflessione che s'impone è: «quanto può essermi davvero utile un tirocinio?». Perché a volte è meglio un lavoro vero, anche se non esattamente nell'ambito professionale nel quale si vorrebbe entrare, piuttosto che un tirocinio sterile e senza prospettive. E spesso anche senza guadagno, dato che oltre il 52% degli stage non prevede paga.

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