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Così le lingue straniere «ci hanno trovato lavoro»

Testimonanze in Cattolica.
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Le competenze linguistiche acquistano, nell'ambito dell'internazionalizzazione d'impresa, un ruolo sempre più importante. Basti pensare che Brescia è la terza provincia italiana per valore dell'import-export e conta 400 unità produttive all'estero con quasi 35mila addetti. Per affrontare una riflessione condivisa sul tema si è svolto, alcuni giorni fa all'Università Cattolica, il convegno «L'internazionalizzazione delle imprese bresciane: il valore delle competenze linguistiche», organizzato dalla Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere in collaborazione con Aib, sotto l'egida del Comitato università e mondo del lavoro.
Profili tradizionali e nuove figure
Le due facce del fenomeno, quella linguistica ed economica, sono state affrontate rispettivamente da Federica Scarpa della Scuola superiore per traduttori e interpreti di Trieste e Gianfranco Tosini di Aib, mentre Silvia Moletta ed Anna Baydatska, laureate in Scienze linguistiche alla Cattolica, hanno raccontato la propria esperienza lavorativa agli studenti. «La comunicazione specialistica internazionale è in continua crescita ed è caratterizzata in misura sempre maggiore dal multilinguismo» ha esordito Scarpa, passando poi in rassegna i profili professionali tradizionali dei mediatori («lavoro dipendente, libera professione o attività di collaborazione con colleghi») e i nuovi profili («le soluzioni linguistiche globali dei fornitori di servizi linguistici integrati oppure gli operatori nel settore su più lingue»). «I concetti fondamentali nell'industria dei servizi linguistici sono due: l'internazionalizzazione, cioè lo sviluppo di prodotti adattabili ai diversi mercati senza bisogno di riprogettazione, e la localizzazione, vale a dire la traduzione e l'adattamento del prodotto nei diversi mercati» ha aggiunto Scarpa, concludendo il proprio intervento con l'illustrazione della comunicazione tecnica e delle modalità per creare contatti fra università e mercato.
Silvia: mediatore culturale nell'export
La conoscenza delle lingue (in particolare tedesco e francese) si è rivelata fondamentale nell'esperienza lavorativa di Silvia Moletta, responsabile dell'ufficio export in un'azienda di pressofusione di alluminio e zama. «Sono entrata con lo stage obbligatorio previsto dal curriculum in Esperto linguistico d'impresa e al termine dei tre mesi sono stata assunta con contratto part-time - racconta -. Nel frattempo ho proseguito l'università con la laurea specialistica in Scienze linguistiche e alla conclusione degli studi ho iniziato a lavorare a tempo pieno». L'ufficio estero è nato proprio con l'ingresso in azienda di Silvia. «É stata ed è tuttora un'esperienza molto stimolante, utilizzo il francese e il tedesco e vado spesso all'estero - prosegue -. Mi occupo di tutti gli aspetti della relazione commerciale con il cliente: dalla ricerca di nominativi mediante directory, internet e fiere al contatto telefonico, dall'aggiornamento del database commerciale alle offerte e al dialogo con l'ufficio tecnico durante la fase di progettazione». Silvia cura anche la gestione delle commesse, ne monitora lo stato di avanzamento, gestisce i reclami, si occupa della customer satisfaction, visita le aziende clienti, partecipa a fiere di settore, traduce documentazione commerciale e collabora alle operazioni di marketing. Un consiglio? «Avere tanta curiosità e tanti interessi. Il laureato in lingue non può essere nel lavoro in azienda soltanto un traduttore ma è un mediatore, soprattutto culturale».
Anna: «ponte» tra l'azienda e il mercato dell'Est
Il medesimo percorso di studi ha portato Anna Baydatska a lavorare nell'ufficio commerciale estero di un'azienda mantovana del settore tessile e a collaborare all'attivazione e allo sviluppo del canale con i mercati di Russia, Ucraina e Kazakistan. «Dopo la laurea triennale ricevetti diverse proposte tramite Job bank, banca dati dei laureati della Cattolica - ricorda -. Rifiutai, proseguii con la laurea specialistica e al termine del primo anno iniziai a lavorare prima part-time e poi tempo pieno in un calzificio fortemente caratterizzato dall'innovazione». Le mansioni di Anna in azienda possono essere riassunte in tre macroaree: gestione dei clienti, ricerca di nuovi contatti e traduzione del materiale di presentazione del prodotto. «Mi fu affidata da subito l'area dell'est Europa - prosegue -. La gestione dei clienti, con i quali mi rapportavo utilizzando il russo oppure l'inglese, riguardava la presentazione di nuove collezioni, la gestione degli ordini, la preparazione delle spedizioni, la fatturazione e i reclami. Il mio ruolo era quello di "ponte" tra l'azienda e il cliente e ho imparato che non si può mai scindere una lingua dalla cultura, dalla mentalità, dagli usi e abitudini di chi la usa. Tanto più che, nel mio caso, i gusti in fatto di moda della popolazione russa sono molto diversi da quelli degli italiani».
I nuovi clienti venivano invece cercati da Anna tramite internet, il telemarketing e le fiere di settore mentre dall'esperienza avuta nel campo della traduzione ha potuto constatare come «un buon studente non è quello che sa tutto, compresa la terminologia tecnica, ma è colui che sa cercare con il metodo più efficace le informazioni utili per svolgere le mansioni affidategli e che sa trovare soluzioni valide per comunicare con il cliente straniero».
Chiara Corti

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