Valsabbia

Serle,i parenti di Eduard: «Era solo un ragazzino»

Parla il parente dell’albanese ucciso che ne ha identificato la salma: «Era qui da due mesi, solare: non era affatto cattivo»
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«Era un ragazzino pieno di vita, con tante speranze e voglia di dare un senso alla sua gioventù, non era assolutamente un mostro come lo vogliono fare apparire».

É questo il ritratto di Eduard Ndoj, il 26enne albanese ucciso a Serle da Mirco Franzoni, che viene fatto dall’unico suo parente che vive in Italia e che è stato infatti colui che ha dovuto effettuare il riconoscimento del corpo. Un giovane che abbiamo incontrato nella sua abitazione in un Comune dell’Ovest bresciano.

Parla perfettamente italiano e nel nostro Paese ha studiato, tanto che negli anni ha ottenuto anche la cittadinanza: «Noi veniamo dal nord dell’Albania e molti come me sono venuti in Italia per studiare o per trovare lavoro quando ancora era possibile - ha continuato il giovane -. Eduard era qui da un paio di mesi. Pensa che non sapevo nemmeno che fosse in Italia perché l’ho visto l’ultima volta in Albania non molto tempo fa. Là, Eduard aveva provato a fare l’università, non era uno stupido. Non so cosa ci facesse a Serle. Non avevo molte notizie di lui negli ultimi tempi. Una cosa però la so: non era un ladro di mestiere, non era né cattivo, né aggressivo. Era un ragazzo come tanti altri, venuto in Italia seguendo la speranza. Sempre solare e sorridente. Se potesse entrare dalla porta sicuramente scherzerebbe con noi».

Il parente si strugge, con le lacrime agli occhi. Dice che ama il popolo italiano e che qui, soprattutto nei primi anni di residenza, ha trovato un clima amichevole, ma che poi con gli anni è stato tutto molto più difficile. «Quando sono andato in Valsabbia per il riconoscimento ho trovato un clima ostile, quasi come se fosse stato Eduard ad avere ammazzato qualcuno - ha proseguito -. Ora sono in contatto con i genitori e, credetemi, è struggente. Sono stato io a chiamarli per dirgli cos’era successo: è stato un inferno. Dicono che aveva rubato, ma anche se fosse stato così non riesco a capacitarmi come si possa sparare un colpo di fucile a un 26enne disarmato dopo due ore di caccia all’uomo. Sai quante cose si possono fare in due ore? Innanzitutto si può riflettere su quello che si sta facendo. Come si può dire che è stata legittima difesa? Non vorrei fare di tutta l’erba un fascio: non conosco la persona che gli ha sparato, ma mi dispiace molto anche per lui. Anche per lui non dev’essere affatto semplice questo momento».

Il giovane dice di non sapere ancora nulla del funerale: «Sicuramente lo faremo in Albania, ma non sappiamo ancora quando perché non c’è ancora il nullaosta del magistrato - ha concluso -. Nessuno lo ha ancora detto, ma noi siamo cattolici, non musulmani come la maggior parte degli albanesi. Eduard in particolare era molto fedele, tant’è che portava sempre con sé una catenina religiosa, la stessa che aveva addosso anche quando gli hanno sparato. Nonostante tutto confido nella magistratura: ci batteremo in Tribunale per fare giustizia fino alla fine. Siamo gente che lavora e si impegna per migliorare la propria vita e quella dei nostri cari: non lasceremo che ci trattino come mostri».

Luca Bordoni

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