Spot con sexy modella: scandalo al Calini

Proteste per il video promozionale di una festa al Cricus organizzata da alcuni studenti.
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In origine fu il video promozionale di una festa organizzata dagli studenti dell'Arnaldo, secchioni circondati da pupe, sfiniti non tanto dalle ore sui libri quanto dal gomito sollevato. Poi arrivò il Leonardo, con un clip dai toni analoghi e, infine, la scorsa settimana, i liceali del Calini non hanno voluto esser da meno: per pubblicizzare il «Rockstar Party» di sabato 15 dicembre al Circus di via Dalmazia, e ambientando la scena all'interno dell'istituto di via Montesuello, gli autori (Marco Falaschetti e Massimo Castrezzati) hanno immaginato di provinare bassisti per una band. A vincere, scalzando la concorrenza interpretata da caliniani, è una lei - la modella bresciana Valeria Colosio, unica estranea alla scuola - in abiti men che succinti (leggi: in giarrettiera). Ed è subito polemica.

A gridare allo scandalo, a differente titolo, insegnanti e studenti. In una lettera al nostro giornale, per esempio, le docenti Mara Bettini e Paola Paganuzzi manifestano «imbarazzo e preoccupazione». In primis perché il filmato è stato girato all'interno della scuola utilizzando il logo del liceo, e ciò che è peggio per «veicolare un messaggio che identifica la donna con le sue parti del corpo», annullandone di fatto «razionalità, pensiero e dignità». Analoghi i toni di Marco Castelli, studente di 5^ G, critico nei confronti delle abilità manifestate dalla protagonista del clip, non già selezionata sulla scorta dei suoi talenti musicali, quanto «per il suo fisico, sul quale indugia senza ritegno la telecamera».

Eppure, le scene avvengono in un ambiente scolastico, in cui però, anziché insegnate, «le ore di storia sull'emancipazione femminile vengono umiliate». A Marco il video proprio non è andato giù, tanto da aver richiesto un colloquio con il dirigente scolastico Fausto Mangiavini. Il quale è «arrabbiatissimo - tuona - : ho sì autorizzato le riprese, ma senza conoscerne le modalità. Avevo perciò richiesto di visionare il lavoro prima della diffusione, per avere almeno un'idea dei contenuti, ma l'accordo è stato disatteso». E il video è balzato direttamente in rete, con la sua bella scia di polemiche e mal di stomaco. Comprensibili e condivisibili.

Specie perché tale modalità di lavoro sembra sempre più - stando anche ai precedenti ben noti - un escamotage pubblicitario che registi e locali paiono aver assorbito per bene, asso ghiotto da calare sul tavolo della promozione di feste studentesche all'insegna del «purché se ne parli», dietro il paravento della facile giustificazione che tanto «sono gli studenti ad aver organizzato il party, non l'istituto: è chiaramente segnalato» e con tanto di occhioni sgranati dinanzi alle (prevedibili) critiche.

Qualità di produzione (spesso elevata) a parte, sarebbe magari il caso che ogni spazio tornasse a essere utilizzato per ciò cui è deputato. Senza moralismi dell'ultimo minuto, per carità, ma pure senza far finta di non capire che un luogo educativo tale è, e sesso e alcol non ne sono ospiti privilegiati.

Raffaella Mora

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