Sarah, 24 anni: «Il mio cervello non è in fuga»

«Resto qui a fare ricerca». Dopo la laurea in Ingegneria biomedica all’University of Florida la bresciana ha rifiutato offerte dagli Usa
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Ci sono anche i cervelli non in fuga. C’è anche chi, dopo aver completato la sua formazione all’estero in una prestigiosa università americana e dopo aver ricevuto concrete proposte per proseguire quell’esperienza, decide che vale la pena di giocarsele qui le proprie chance, perché crede di potersi realizzare nel suo tanto vituperato Paese. A pensarla così è Sarah Tonello, 24enne bresciana. Verrebbe da chiamarla «cervello di ritorno», se quella sottolineatura sull’encefalo non rischiasse di lasciar fuori il cuore, la tenacia, la fiducia di una ragazza che guarda al futuro.

Sarah ha appena finito di festeggiare la sua doppia laurea magistrale in Ingegneria biomedica, conseguita tra la University of Florida, a Gainesville, ed il Politecnico di Milano. Dopo la triennale ed un primo anno di magistrale a Milano, era volata negli States nell’ambito del progetto Atlantis Crisp, realizzato in collaborazione tra il Politecnico e le Università della Florida, di Strasburgo e di Houston. L’esperienza in America s’è conclusa quest’estate, dopo un anno, con la discussione della tesi; poi, lo scorso 4 ottobre, altra discussione (e altra proclamazione) a Milano.

L’inizio dell’avventura americana non era stato facile, com’era prevedibile per le necessità di ambientamento: «Là c’è un approccio molto più diretto tra insegnanti e studenti, c’è un rapporto quasi alla pari. Le lezioni sono più leggere rispetto all’Italia, si punta di più sul saper fare. Noi studenti italiani abbiamo pochissima preparazione pratica, ma la nostra Università mi ha comunque fornito la miglior preparazione teorica che potessi avere».

Sarah, superate velocemente le difficoltà iniziali, è stata sempre più coinvolta dal suo advisor, Peter Mc Feltridge, nelle attività di ricerca: «Alla mattina facevo due-tre ore di lezione, dopo pranzo stavo in laboratorio fino alle 18-19, ma con l’avvicinarsi della tesi anche fino alle 23 o a mezzanotte». Già, la tesi: «Nell’ambito dell’ingegneria dei tessuti, ho lavorato allo sviluppo di un sistema di rilascio controllato per una miscela pro-angiogenica, vale a dire per indurre la formazione di reti vascolari all’interno dei costrutti ingegnerizzati».

Volgarizzando: dopo aver creato un «pezzo di tessuto» partendo da cellule del paziente, si vuole inserirlo nell’organismo e gli si vuole garantire un buon «rifornimento» di sangue, per far arrivare ossigeno e nutrienti a tutte le cellule. Dopo la laurea, ecco la proposta di fermarsi a Gainesville, ed ecco la risposta: «Là ho vissuto un’esperienza umana e formativa straordinaria, ma ho deciso di tornare in Italia. Sono convinta che un ricercatore per lavorare proficuamente deve sentirsi appagato, ma non solo professionalmente: la carriera non è tutto, ci sono anche la mia famiglia, il mio moroso, gli amici, il volontariato alla Croce Blu... Ma soprattutto, se tutti ce ne andiamo dal nostro Paese, continueremo solo a dire che l’Italia va male. Io invece voglio continuare qui, per non dire di non averci provato».

Alessandro Carini

 

 

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