I periti: Sul fondo della Brebemi scorie e veleni

La perizia del gip sugli 8 km tra Cassano d'Adda e Fara Olivana. Cromo e arsenico in tre campioni prelevati
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L'ottanta per cento del materiale conferito dalla Locatelli nei cantieri della Brebemi di Cassano D'Adda e Fara Olivana con Sola non è conforme. A dirlo, sulla base dei campionamenti effettuati, sono i periti del giudice delle indagini preliminari Cesare Bonamartini. Gli esperti dovevano valutare la natura merceologica, oltre che chimico fisica, delle materie prime secondarie utilizzate per realizzare il sottofondo degli otto km della direttissima Brescia-Milano finiti sotto inchiesta nell'ambito del procedimento per traffico illecito di rifiuti e truffa, aperto a carico dell'imprenditore bergamasco Pierluca Locatelli e a sei suoi dipendenti e collaboratori.

Nelle 57 pagine depositate nei primi giorni del mese, l'ingegner Paolo Rabitti e il geologo Gian Paolo Sommaruga danno conto dei risultati dei loro campionamenti, sia sotto il profilo merceologico che ambientale. «La maggior parte dei campioni non sono accettabili per non conformità alle dimensioni granulometriche consentite dalla legge» scrivono prima di affrontare il grado di ecocompatibilità del materiale utilizzato per il sottofondo della Brebemi. Rabitti e Sommaruga, con riferimento al cantiere di Cassano d'Adda, riferiscono che «solo una tratta di quelle campionate risulta non a norma per il cromo (158 microgrammi/litro, laddove il limite di legge è 50)», per quanto riguarda invece Fara Olivana segnalano che «un campione non rispetta il parametro Cromo (64,1 mg/l) e un altro non rispetta la soglia di Arsenico consentita (136,5 mg/l, laddove il limite è 50)». Si tratta in tutto, precisa Brebemi, di una porzione di circa seicento metri sulla quale gli enti interessati stanno definendo i termini dell'intervento, per procedere alla bonifica in tempi brevi. L'operazione dovrebbe comportare un esborso di circa due milioni di euro. A farsene carico sarà Brebemi, che ha già comunque esercitato un'azione conservativa a danno della Locatelli.

I periti ritengono, come sostengono i sostituti procuratori Silvia Bonardi e Carla Canaia, che il materiale adagiato sul sottofondo dei cantieri Brebemi serviti dall'azienda bergamasca non sia stato trattato dall'impianto di bonifica di Biancinella. Ma che nella cava del gruppo Locatelli, sia stato solo scaricato e ricaricato. Quindi inviato nei cantieri «senza subire trattamenti e senza che sia avvenuta la trasformazione da rifiuto a materia prima secondaria». Gli esperti del gip lo deducono mettendo a confronto le scorie raccolte dalla lavorazione del frantoio di Biancinella, con quelle repertate in cantiere: «Visibilmente difformi, sotto il profilo granulometrico».
Quanto alla rispondenza tra il materiale fornito dalla Locatelli e quello richiesto dal capitolato, i periti del giudice delle indagini preliminari evidenziano che «solamente un campione rispetta la condizione imposta nel contratto per la presenza di asfalto recuperato frantumato in misura inferiore del 5%», e che sono state registrate punte massime del 37%, senza tenere conto di grossi pezzi d'asfalto che non sono stati campionati ma solo misurati e fotografati.


Con riferimento invece agli «aggregati da demolizione» Rabitti e Sommaruga ritengono che la stragrande maggioranza dei campioni prelevati nel cantiere di Cassano d'Adda e di Fara Olivana non rispettino le clausole contrattuali imposte dal general contractor Bbm.
Quanto le irregolarità evidenziate dai periti del gip possano incidere sia sotto il profilo ambientale che di tenuta dell'infrastruttura sarà oggetto di quella che si annuncia già da ora come un'accesa battaglia a colpi di consulenza.
Di Brebemi il Tribunale di Brescia tornerà ad occuparsi il prossimo 10 gennaio, giorno al quale il gip Cesare Bonamartini ha aggiornato l'udienza.

Pierpaolo Prati

 

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